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    “Casetta Domenico Savio”

Scopri la visita guidata alla Casetta di San Domenico Savio: un percorso virtuale nelle stanze che accolgono e raccontano la presenza e la spiritualità del piccolo santo.

BENVENUTI

Benvenuti nel centro di spiritualità. La casetta natia di San Domenico Savio, conosciuta familiarmente come La Casetta.

Vi introduciamo in un percorso virtuale nelle stanze che accolgono e raccontano la presenza e la spiritualità del piccolo santo, che ha pienamente vissuto le fede cristiana nell’affetto di don Bosco.

Domenico Savio nasce il 2 aprile 1842, il padre era un fabbro ferraio, la mamma una brava sarta.

I Savio vissero qui fino al novembre 1843, quando Domenico non aveva ancora due anni, poi si spostarono, per motivi di lavoro, a Mondonio, frazione di Castelnuovo, dove rimasero per una decina di anni.

È stato Giuseppe Gastaldi a cedere, nel 1954, il terreno sul quale è sorto il monumento a Domenico Savio, voluto dai borghigiani, da sempre molto affezionati al loro piccolo, grande “compaesano”.

Il resto della costruzione, dedicata all’ospitalità, è stata interamente restaurata a partire dall’anno 1985.

SALA DELL’ALTARE

Ci spostiamo nella SALA dell’ALTARE e don Bosco ci dice: “Nessuna predica è più edificante del buon esempio”, affermazione che si addice al piccolo Domenico Savio che nel suo stile di vita semplice e ordinario si impegna a evitare ogni forma di peccato e a prediligere la purezza di pensiero e linguaggio.

Don Bosco gli dice che è fatto di una buona stoffa, e Domenico risponde che don Bosco deve essere il suo sarto e che lo deve lavorare bene. 

Domenico raggiunge la santità attraverso i sacrifici quotidiani, la preghiera raccolta, la gioia anche nei momenti di dolore. Ha un grande attaccamento a Gesù Eucaristia e una grande devozione alla Vergine Maria.

Dopo la morte di Domenico Savio, Don Bosco in sogno chiede al ragazzo che cosa l’abbia confortato di più nel momento del trapasso e gli risponde: “L’aiuto della Madonna”.

SALA GIOCHI

Eccoci nella SALA GIOCHI – e a Domenico piace ricordarci che “Noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”.

Carattere aperto allegro e gioviale, è amato dagli insegnanti e dagli amici per la sua grande bontà e generosità.

Dotato di grande dolcezza e delicatezza, riesce a consigliare e anche a riprendere senza mai offendere e umiliare. Si impegna a opporsi al male e nell’impedire le bestemmie e i cattivi discorsi.

Una volta chiede a don Bosco quali penitenze debba fare per farsi santo ed egli, molto meravigliato di una simile domanda, gli risponde che l’unica penitenza consiste nel fare perfettamente il proprio dovere, essere generoso con tutti, sorridere molto ed essere sempre allegro e felice, anche nelle difficoltà e nelle sofferenze

CAPPELLA

Ci spostiamo nella CAPPELLA.

Quando Domenico Savio morì, Don Bosco era talmente convinto della sua santità che decise di pubblicarne subito la biografia. In effetti, questo ragazzo aveva tutte le carte in regola per essere additato come modello ai giovani.

A Mondonio, il cappellano Don Giovanni Battista Zucca rimase colpito dalla precocità spirituale del ragazzino, tanto che decise di ammetterlo a 7 anni – cosa straordinaria per quei tempi – alla prima comunione.

Quel giorno, la domenica di Pasqua del 1849, su un foglietto conservato da lui in un libro di preghiere e trovato poi da Don Bosco, il piccolo Domenico scrisse testualmente:

  1. Mi confesserò molto sovente e farò la comunione tutte le volte che il confessore mi darà licenza.
  2. Voglio santificare i giorni festivi.
  3. I miei amici saranno Gesù e Maria.
  4. La morte, ma non peccati.

Questi propositi furono il suo programma di vita.

Il motto di Don Bosco “Da mihi animas, caetera tolle” è ben vissuto dal piccolo santo che ha donato la sua anima alla sua guida spirituale ai suoi amici Gesù e Maria.

CASA NATIA

Possiamo entrare nella autentica CASA NATIA, dove la famiglia Savio visse fino all’inizio del 1843 quando si trasferì, sempre per motivi di lavoro, a Mondonio, un piccolo borgo nei pressi di Castelnuovo, dove il ragazzo terminò le scuole elementari.

Uno degli episodi più significativi per meglio comprendere il carattere di Domenico è quello riportato dal suo maestro, Don Cugliero, il quale riferì in una lettera inviata all’Archivio salesiano centrale che durante l’inverno 1853- 54 i ragazzi dovevano portare a scuola, oltre ai libri, un po’ di legna per alimentare la stufa e due alunni, approfittando del fatto che il maestro non era ancora arrivato, non solo non portarono legna, ma riempirono la stufa di neve, mandando su tutte le furie Don Cugliero che cercò subito il colpevole.

I due teppistelli accusarono l’ignaro Domenico, il quale per castigo fu messo in ginocchio sul pavimento dell’aula. Alla fine della mattinata però alcuni compagni raccontarono al prete come erano realmente andate le cose.

Costui rimase senza fiato e alla domanda perché non si fosse difeso, Domenico gli rispose con semplicità: “Anche il Signore è stato calunniato ingiustamente. E non si è mica ribellato”.

Impressionato da quanto accaduto, il sacerdote andò da Don Bosco a Torino per segnalargli questo alunno fuori del comune: “Lei nella sua casa”, gli disse, “difficilmente avrà chi lo superi in talento e virtù. Ne faccia la prova, e troverà un san Luigi”.

Come Domenico ha camminato nella sua terra con il cuore rivolto al cielo così Bosco ci esorta “Camminate con i piedi per terra e col cuore abitate in cielo”.

ARRIVEDERCI IN PARADISO

Le ultime parole che dice a don Bosco prima di ritornare a casa sono: “Lei vuol farmi partire. Se fossi rimasto, sarebbe stato un disturbo solo di pochi giorni. A ogni modo sia fatta la volontà di Dio. Preghi perché possa fare una buona morte. Arrivederci in Paradiso”.

Si spegne la sera del 9 marzo 1857, dopo soli cinque giorni di malattia, per una grave forma polmonite.

Un istante prima di morire dice al padre che gli è vicino: “Papà… oh, che bella cosa io vedo mai!”.

OGGI E DOMANI

Siamo giunti al termine del nostro percorso ma prima di salutarci Domenico ci dice che “Non sono in grado di fare grandi cose, ma voglio che tutto ciò che faccio, anche la cosa più piccola, sia per la maggior gloria di Dio”.

Infatti nel 1856 fonda la Compagnia dell’Immacolata: il regolamento da lui redatto rappresenta un’importante testimonianza della sua elevata spiritualità.

Un segno ancora oggi presente e efficace è l’abitino di Domenico Savio, un piccolo scapolare di fede e di devozione, confezionato sul modello dell’abitino che il giovane Santo mise al collo della propria madre molto ammalata e sofferente a causa di gravi problemi avuti durante l’ultima gravidanza.

Ella, per intercessione della Vergine, guarì miracolosamente e diede alla luce Caterina.

Domenico, prima di morire, raccomandò a sua madre di conservare l’abitino con cura e di prestarlo a coloro che versavano in condizioni pericolose.

Il coro di voci che si uniscono a ringraziare San Domenico Savio è quello delle madri, dei genitori, dei fanciulli e dei malati, che si sono rivolti a Lui affinché intercedesse per loro presso il Padre: sono coloro che hanno portato con fede l’abitino benedetto, che hanno pregato e con gioia hanno ricevuto la Grazia tanto desiderata.

Tutti possiamo rivolgerci al giovane Santo quando sentiamo la necessità di avere un amico accanto che ci sostenga nei momenti più difficili della vita, perché ci aiuti e ci dia speranza quando ne abbiamo maggior bisogno.

Qui vi salutiamo e vi auguriamo un buon soggiorno con Domenico e don Bosco.