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Come parliamo – Adriana Perillo

Viaggiando sui mezzi pubblici mi capita di ascoltare la conversazione dei giovani che hanno la pessima abitudine di parlare ad alta voce e mi colpisce il loro linguaggio veloce, l’uso di un lessico gergale condito, spesso, di parolacce e volgarità molto pesanti.

In quei momenti mi viene da pensare, con molto rammarico essendo stata un’insegnante, che la scuola non ha inciso in modo positivo sulla loro formazione non solo scolastica ma anche educativa. Il loro parlare, però, deriva dall’esigenza di comunicare nel gruppo per indicare un’appartenenza distintiva: i ragazzi di oggi si sentono isolati se non fanno parte di un gruppo.

Il linguaggio verbale distingue l’uomo dagli animali che, pure, hanno un loro modo di comunicare secondo la propria specie, come i cani e i gatti. La lingua è una realtà dinamica, una parte essenziale del vivere dell’uomo e ci permette di comunicare nel modo più chiaro ed efficace e di costruire infiniti messaggi. Parlare è l’abilità più spontanea e naturale che usiamo per comunicare con gli altri. Si impara a parlare da piccoli per imitazione e poi, pian piano, crescendo, il linguaggio si perfeziona insieme alla nostra capacità espositiva.

Chi non ha il dono della parola impara a comunicare con il linguaggio dei segni. La nostra lingua è ricca di parole e il loro suono è armonioso e dolce e ci consente di esprimerci in modo adeguato usando vari registri, perciò mi chiedo perchè non si usa in modo corretto, mentre si tende a contaminarla sostituendo le nostre belle parole con termini provenienti da lingue straniere, soprattutto inglesismi o tecnicismi mediatici.

Le nostre parole sono pregnanti di sfumature che sono adatte e significative per le varie situazioni e molto profonde nell’espressione dei sentimenti.

Oggi dobbiamo stare attenti a non usare molte parole perchè, pur essendo parti integranti del nostro straordinario patrimonio culturale, sono state sconsigliate in quanto ritenute offensive verso qualcuno e si rischia la denuncia se usate pubblicamente.

Così impoveriamo sempre più la nostra tradizione verbale perchè alcuni stupidi movimenti (cancel culture ) ci impongono di non usare termini come negro, nano, vecchio, handicappato e tanti altri ancora che, pur essendo, magari, non positivi, sono tuttavia parti integranti del nostro vocabolario, che ci permettono di descrivere il nostro mondo. E non parliamo del movimento femminista che vuole modificare al femminile tante parole di genere maschile, cancellando le regole della nostra grammatica. E che dire dei gender che vogliono mettere l’asterisco in fine di parola per nascondere il genere? Come si pronuncia l’asterisco? La natura ci crea maschi e femmine (eccetto qualche caso abnorme di ermafroditismo) e non neutri.

Queste mode sono vituperabili, secondo il mio parere. C’è una ossessione perversa tesa a cancellare la ricchezza della nostra lingua, la sua espressività, per un linguaggio inclusivo che non include un bel niente perchè di una parola si può cambiare il significante, cioè come si scrive, ma non il significato, quello che interessa alla gente che ogni giorno parla e comunica.

Adriana Perillo