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Un amico, Ferrante Marengo

Il ricordo di Ferrante Morengo da parte della figlia Federica e di Enrico Greco.

Ciao papà,

In questi giorni, le persone che conoscevano Ferrante lo hanno descritto come un amico sincero, un amico pronto a tendere la mano, un amico dal sorriso sempre vivo, un uomo generoso, attento agli altri. Un uomo con valori forti, impegnato per il bene comune. Un uomo solido, una “quercia”, un uomo coraggioso. Un uomo che ha obbligato i suoi ideali e i suoi progetti a diventare realtà. Un uomo di fede, un esempio per gli altri, anche nell’affrontare il tumore, senza mai mollare, senza mai darsi per vinto, fino all’ultimo.

Per me, Ferrante era semplicemente il mio Papà e il Nonno dei miei figli e queste due piccole parole bastano per descrivere tutto l’amore che ci unisce e il dolore che oggi mi attanaglia l’anima. Per me Ferrante era semplicemente il mio Papà e il Nonno dei miei figli. Era dolce, affettuoso, autorevole, chiacchierone, allegro. Era testardo, quasi quanto me. Era un cuoco sopraffino, era amante del buon cibo e della buona compagnia. Era il Papà e il Nonno che ci ha insegnato a nuotare fra le onde del mare e a navigare senza perdere la rotta, che ci ha trasmesso l’amore per la montagna e l’umiltà di fronte alla natura. Era un nonno orgoglioso e un papà esigente. Era un punto fermo nella nostra vita, una certezza. Per me Ferrante era semplicemente il mio Papà e il nonno dei miei figli, colui che ci ha mostrato che ogni giorno deve essere vissuto come un dono prezioso e che l’amore deve dirigere ogni nostro gesto, ogni nostra scelta.

E l’amore e l’affetto di tutti voi che siete stati al nostro fianco in questi giorni tristi ci aiutano a sentirci meno soli.

E l’amore e l’affetto di tutti voi che siete stati con noi a Gressoney ad agosto ci hanno permesso di vivere una parentesi di vita e di speranza. Papà è arrivato a Gressoney malato e stanco e grazie alle piccole e grandi attenzioni di ciascuno di voi si è ripreso. Era felice e lo ero anch’io. E l’anno prossimo quando torneremo sul grande prato di Wald, lo ritroveremo nel sorriso dei bambini, nelle partite a carte, nella gioia delle serate trascorse insieme, durante i pranzi e le cene che papà apprezzava tanto. Lo ritroveremo camminando piano sul grande prato e nelle preghiere della sera.

Grazie a tutti voi, per il vostro affetto e la vostra presenza.

Federica Morengo

 

 

Ciao Ferrante,

Portato via da un male incurabile, il nostro amico Ferrante non c’è più.

L’ho conosciuto più di quaranta anni fa, quando i suoi figli erano ancora bambini, quando avevamo davanti tutta la vita.

Per lui, l’affetto ai Salesiani aveva un ruolo preminente, era sempre pronto ad aiutare Don Bosco, con la sua grande competenza professionale, ma soprattutto con il suo prorompente entusiasmo.

Ricordo una vacanza in Trentino con don Emilio e altri amici e amiche, quando si incominciava a pensare che, oltre ai campi scuola, si sarebbe dovuto cercare qualcosa di più concreto da offrire ai giovani: non lo sapevamo ancora, ma stavano sbocciando i primi segni della futura Casetta di San Domenico Savio.

E così quando don Emilio avanzò l’idea di ristrutturare la casa natia del santo fanciullo, andammo a fare un primo sopralluogo. Sgomenti per la situazione di grande degrado che trovammo, Maurizio Chiabotto e proprio Ferrante furono i più convinti e ci trascinarono in un’impresa che vive (e bene!) tuttora.

Ferrante studiò e firmò il progetto di ristrutturazione, sovrintese al cantiere, inaugurò la nuova costruzione e, da allora, seguì ogni passo della vita di quella opera così riuscita alla fine e così apparentemente impossibile agli inizi.

E mentre, da benefattore, portava avanti la ricostruzione della casetta, i successi professionali, la carriera politica, la famiglia, gli exallievi di Penango e i soggiorni a Gressoney riempivano la vita.

Quando poteva, si prendeva una pausa e preparava la sua bagna cauda, a Casabianca o alla Casetta stessa, buona come la sapeva fare lui e poi era festa insieme, con gli sfottò per le sue impagabili barzellette sparate a raffica, lasciandoci senza fiato per il troppo ridere.

Tanti ricordi affollano la mente, ma voglio conservarli quasi gelosamente, limitandomi qui a pensare agli ultimi anni, agli ultimi tempi.

L’amore per Federica e Corrado, l’orgoglio per i nipoti, i pensieri per Rosella, la malattia affrontata da vero cristiano, con pazienza e una punta di ironia, la chemio, l’insulina, le speranze di guarigione, la caparbietà di lottare, la consapevolezza del male che tornava a risvegliarsi.

Caro Ferrante, hai vissuto una vita intensa, con impegno professionale ed umano, sviluppando le tue grandi doti, arricchendo chi ha avuto la fortuna di starti vicino.

Ora sei andato avanti, ancora una volta, a preparare la strada, a vedere che tutto sia in ordine per quando anche noi arriveremo, per riabbracciarci.

A Dio, amico nostro!

Enrico Greco