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Pellegrini di speranza – Silvia Falcione

Pellegrini di speranza“. Questo è il titolo dato al Giubileo 2025. Ma qual è il significato di pellegrino?

Il primo significato si connette all’originaria forma classica peregrinus, “forestiero“, “viandante“, “straniero“, chi cioè, per diverse ragioni, si trova lontano dalla propria terra e, per i disagi del cammino, viaggia in abiti dimessi; anticamente più specifico valore religioso viene dato a “palmiere” pellegrino di Terra Santa, e romeo pellegrino che va a Roma.

Nel medioevo era grande mèta di pellegrinaggio il Santuario di Santiago de Compostela in Spagna. Il cammino di Santiago è tornato in auge e oggi viene ancora percorso a piedi da migliaia di persone. In tutte le grandi religioni storiche, non solo nel cristianesimo, esistono indicazioni, forme, destinazioni e finalizzazioni, del pellegrinaggio.

La definizione di pellegrinaggio indica un particolare tipo di viaggio, un andare finalizzato, un tempo che l’individuo stralcia dalla continuità del tessuto ordinario della propria vita (luoghi, rapporti, produzione di reddito), per connettersi al sacro. Ma sempre implica una scelta. Chi parte in pellegrinaggio non si trova ad essere, ma si fa straniero e di questa condizione si assume le fatiche e i rischi, sia interiori che materiali, per acquisire vantaggi spirituali, come incontrare il sacro in un luogo lontano, offrire i rischi e i sacrifici materialmente patiti in cambio di una salvezza o di un perdono metafisici e anche materiali, grazie agli incontri e occasioni che, strada facendo, non possono mancare.

Attualmente tuttavia la diminuzione dei tempi, dei rischi e dei costi di viaggio, nonché la desacralizzazione delle culture, fanno sì che la categoria culturale del pellegrinaggio sia ormai sempre più intrecciata con quella del turismo di massa, del quale viene anzi spesso considerata una specie di sottoclasse, il turismo religioso. Questo a mio parere è il pericolo che si corre quando si organizza un pellegrinaggio e la capacità e l’intelligenza stanno nel saper coniugare bene l’aspetto spirituale con quello turistico.

Quali consigli troviamo sul sito del Giubileo? Li riporto qui di seguito.

Il giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini. Quando ci muoviamo, infatti, non cambiamo solamente un luogo, ma trasformiamo noi stessi. Per questo, è importante prepararsi, pianificare il tragitto e conoscere la meta. In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo. L’etimologia della parola “pellegrinaggio” è decisamente eloquente e ha subìto pochi slittamenti di significato. La parola, infatti, deriva dal latino per ager che significa “attraverso i campi”, oppure per eger, che significa “passaggio di frontiera”: entrambe le radici rammentano l’aspetto distintivo dell’intraprendere un viaggio.

Abramo, nella Bibbia, è descritto così, come una persona in cammino: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1), con queste parole incomincia la sua avventura, che termina nella Terra Promessa, dove viene ricordato come «arameo errante» (Dt 26,5). Anche il ministero di Gesù si identifica con un viaggio a partire dalla Galilea verso la Città Santa: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9,51). Lui stesso chiama i discepoli a percorrere questa strada e ancora oggi i cristiani sono coloro che lo seguono e si mettono alla sua sequela.

Il percorso, in realtà, si costruisce progressivamente: vi sono vari itinerari da scegliere, luoghi da scoprire; le situazioni, le catechesi, i riti e le liturgie, i compagni di viaggio permettono di arricchirsi di contenuti e prospettive nuovi. Anche la contemplazione del creato fa parte di tutto questo ed è un aiuto ad imparare che averne cura “è espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà” (Francesco, Lettera per il Giubileo 2025).

Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia.”

Auguro buon cammino a tutti dunque. A chi si metterà per strada e a chi seguirà un cammino interiore.

Giubileo 2025 | Spunti di riflessione – Silvia Falcione

Siamo quasi a metà del Giubileo della Speranza e vi propongo una riflessione sui significati di questa parola. Tutti sperano. Speriamo è parola del linguaggio comune, ma non sempre usiamo il verbo sperare in modo corretto. Sperare che ci sia il sole è un auspicio, che non mi coinvolge in un impegno personale.

In psicologia la speranza è una motivazione a procedere superando le difficoltà.
La speranza cristiana non è ottimismo.
La speranza ci viene donata per Grazia ma va accettata perché divenga luce guida.
La speranza è attesa di un bene.

Nell’AT la speranza è già presente in molti testi anche nei salmi perché Dio è fedele. Nei Vangeli il vocabolo speranza non è presente. È San Paolo che parla della speranza cristiana. La speranza per i cristiani è Cristo.

Il Papa ha detto:

Di segni di speranza hanno bisogno i giovani che spesso vedono stroncati i loro sogni ricadendo in stati di depressione autolesionismo suicidio

Il Giubileo sia occasione di slancio nei loro confronti. Noi salesiani siamo molto coinvolti in questo impegno. Il problema spesso non sono i giovani ma l’assenza di adulti significativi. Siamo chiamati ad essere educatori che annunciano cieli nuovi e terra nuova ovvero speranza e gioia possibili.

La genesi della speranza è il desiderio di un bene raggiungibile ma la realtà ci dice che siamo fragili. La fede ci dice che siamo limitati, ma anche capaci di infinito. Non possiamo dimenticare le due dimensioni. Dio ci ha creato a sua immagine per la vita eterna, nonostante il primo fallimento del peccato originale. Ogni creatura ha una segreta inclinazione verso Dio e da lì nasce la speranza. E diventa virtù teologale. la natura si intreccia con il divino.

La speranza che è individuale, diventa oggettiva quando la condividiamo con gli altri e diventa anche relazione. La speranza cristiana vive di fede e ci mette in cammino. C’è un Padre che ci veglia e un Fratello che cammina con noi. Infatti il primo che spera è Dio. Spera che giungiamo a compimento della nostra speranza nella libertà dei figli di Dio.

La speranza vive di Amore. È una forza dinamica. Che ci muove verso qualcosa che è promesso in pienezza. È un amore che ha due atti: attende ed aspira. Non sta fermo ma cammina. Anche la preghiera aiuta la speranza come momento di riposo e affidamento che non chiede nulla ma si lascia accarezzare. Stare davanti al Signore per scaldarsi al sole del suo Amore. La speranza è come un’ancora gettata verso l’alto.

Don Stefano Martoglio, Vicario del Rettor Maggiore si esprime così:

Vivi bene questo tempo. Abbi cura di te. La speranza è esperienza di Cristo Che cambia la vita. E ci aiuta a Ritrovare la nostra umanità e a non perdere noi stessi. La speranza non è illusione. È l’energia di una persona che viene dall’incontro con Dio e genera la carità. La speranza viene da dentro di noi. Non dagli avvenimenti esterni. È determinazione e pazienza. Fai quello che riesci. Il resto lo farà Dio. La speranza è la sorella piccola della fede e della carità. La speranza è nel sogno dei diamanti. L’unione tra l’al di qua e l’al di là. Questa è la traccia da seguire.

Sii forte si rinfranca il tuo cuore e spera nel Signore“.