Intervista 3 – Silvia Falcione
Con i miei studenti di terza e quarta liceo delle scienze umane abbiamo affrontato il fenomeno della migrazione spaziando da quella di oggi fino a quella dei loro nonni durante la grande migrazione interna italiana da sud verso nord, in particolare verso Torino e la Fiat.
Ho chiesto loro di realizzare delle interviste libere sulle storie di vita dei migranti che conoscevano. Hanno raccolto storie molto interessanti che vi proponiamo.
Intervista realizzata da Federica, 16 anni
Sorprendentemente migrano anche gli italiani. Qui di seguito vi presento l’intervista che io, Federica, studentessa del terzo anno del Liceo delle Scienze Umane – indirizzo Economico Sociale, ha svolto ad una amica di famiglia, Daniela, ora
quarantasettenne, giunta da Palermo nel 2007 e trasferitasi a Torino, nel quartiere Mirafiori.
All’età di trentun anni ha intrapreso questa nuova avventura spinta dal desiderio di realizzare i suoi sogni. Ecco il suo breve racconto.
FEDERICA: “Perché hai deciso di partire?”
DANIELA: “Quando ho deciso di partire ero già sposata con Dario e, contemporaneamente alla decisione di partire, abbiamo scoperto che ero incinta di Alessio, però abbiamo deciso lo stesso di avventurarci in questa nuova impresa perché fondamentalmente Dario voleva un po’ modificare la posizione lavorativa e lì dove eravamo, cioè a Siracusa, non c’erano molte prospettive.
Io volevo studiare psicoterapia, mi interessavano varie scuole di specializzazione, alcune delle quali erano a Torino, allora abbiamo pensato di unire le due cose: lui di accettare una proposta che gli è arrivata da una società di Torino e io di iscrivermi a una scuola di specializzazione qua. E così siamo partiti.”
FEDERICA: “Che viaggio hai fatto?”
DANIELA: “Siamo partiti in due maniere diverse. Dario è venuto prima per mettere su casa, visto che io ero incinta. È partito in nave per potersi portare la macchina e alcune prime cose che potessero servirci. Inizialmente ha vissuto in albergo e poi ha cominciato a cercare una casa per noi. Quando ha trovato un piccolo appartamento arredato, in una in una zona tutto sommato abbastanza vicino al suo lavoro, l’ho raggiunto io. Lui è partito a giugno, io sono arrivata a settembre e in questa piccola casa già arredata di corso Traiano qui è iniziata la nostra vita”.
FEDERICA: “Com’è stata l’accoglienza nel luogo di arrivo?”
DANIELA: “Quando dicevo giù che sarei venuta a Torino mi dicevano tutti: “Noooooo, ma cosa ci vai a fare? Una città grigia, non c’è il mare, tu, in una città dove non c’è il mare, cosa vai a farci?” e non mi aiutavano molto, però non mi sono fatta demoralizzare.
Sono partita con l’immagine di Torino nella mia testa come di una città grigia, dove ci fossero soltanto fabbriche. Mi dicevano: “A Torino c’è solo la Fiat!” e io ci credevo perché non avevo mai visto Torino.
Non avevo mai fatto una visita turistica qui a Torino. Quando poi sono arrivata, in realtà quello che ho pensato è stato: “M*****a che bella città!”, nel senso che l’ho trovata veramente bella, regale, particolare e mi è piaciuta moltissimo.
E a poco a poco diciamo che mi sono abituata all’idea di una città dove non ci fosse il mare, anche perché ho scoperto che c’è la montagna, che il mare non è così distante, e che qua si vive bene.
Alessio è nato qui. Quindi io sono arrivata a settembre, lui è nato a dicembre e poi ci siamo trasferiti nel quartiere dove viviamo tuttora, che poi un po’ è il quartiere che ci ha accolto.
L’accoglienza….com’è stata l’accoglienza inizialmente? Inizialmente …..ehm,…chi mi ha accolto a Torino sono stati degli amici siciliani che già vivevano qui. Quindi diciamo che ho avuto un po’ un “cuscinetto”.
Sono state le persone che abbiamo frequentato all’inizio quando ci siamo trasferiti, per cui c’è stata un’accoglienza da concittadini del Sud e a poco a poco abbiamo cominciato a familiarizzare anche con le persone del luogo.
È stata un’accoglienza lenta. C’è voluto qualche anno.
È stata favorita dai bambini, nel senso che ci si incontrava al parco con altri genitori che portavano i loro figli o in chiesa, oppure fuori dalla scuola. E mentre si guardava giocare questi bambini o li si aspettava, si chiacchierava.
E così sono nate le prime amicizie. Noi siciliani abbiamo un temperamento un po’ più focoso: a noi basta incontrarci due volte e poi la terza a invitarci reciprocamente a casa propria, “Vieni a cena da mE”, “Vieni a bere un caffè”, eccetera.
Qui quello che ho notato inizialmente è che questo non succedeva: vedevo le persone, la prima, la seconda, la terza, l’ottava, la decima volta, ma non scattava mai un invito e neanche da parte mia, io mi adattavo un po’ a questa cosa.
Quello che ho visto rispetto ai torinesi e che, nonostante questo “riscaldamento” lento, poi in realtà quando ti aprono le porte del loro cuore, in qualche modo sono veramente speciali e allora, amicizie che sono scattate poco a poco, poi sono diventate solidissime nel tempo.
Sono persone che sono diventate per me punti di riferimento. Adesso abbiamo amici torinesi, proprio torinesi che sono dei punti di riferimento per noi.
Lo stesso quartiere dove viviamo, è diventato un po’ un punto di riferimento, una comunità di cui ci sentiamo parte, per cui non ci sentiamo più, diciamo “ospiti” o quelli arrivati da poco, in qualche modo quelli di “fuori”. Ci sentiamo ormai parte di questa comunità.
Ehm…….Che cosa ti posso dire in siciliano? Ti posso dire che quando qualcosa finisce nelle mie parti si dice: “Agneddu e sucu e fini’ u vattiu” cioè letteralmente: “Agnello e sugo ed è finito il battesimo”.
FEDERICA: “Secondo te quali sono le differenze tra il Piemonte e la Sicilia rispetto allo stile di vita?”
DANIELA: “Ricordo ancora le cose che inizialmente mi hanno colpito del modo di vivere che ho trovato qua a Torino. Allora… la cosa che proprio mi sconvolgeva inizialmente era il fatto che i panifici alle 06:30 del pomeriggio non avessero più pane e chiudessero bottega, perché da noi alle 18:30 i panifici sono ancora molto attivi, i forni sono interni, non sono solo delle rivendite, ma proprio preparano loro il pane e vanno avanti fino alle 09:00 di sera, perché quando si smette di fare pane si cominciano a preparare le pizze e tutta una serie di prodotti da tavola calda che si vendono fino anche alle 21:00.
In generale notavo questo, la differenza negli orari di apertura e chiusura dei negozi probabilmente seguiva, segue le temperature. Quando sono arrivata a Torino era ancora una Torino molto fredda, nevicava, iniziava a nevicare a novembre, fino a Marzo c’era la neve depositata per le strade, cosa che adesso effettivamente non succede più.
Però allora, quando sono arrivata sì, e questo era sicuramente una grande differenza con le mie città siciliane e ovviamente questo determinava il fatto che i negozianti non potessero tenere aperto fino a tardi perché, a un certo orario, si gelava fuori e mentre da noi c'è una temperatura gradevole fino a tardi e questo permette uno stile di vita forse un pochino più improntato all’aperto.
E anche ho notato che, per esempio, Torino è una città ricca di quartieri, di giardini dove è possibile praticare dei giochi all’aperto, cosa che per esempio le nostre città non hanno; da noi per stare in piena natura di solito si va al mare.
Fondamentalmente quello è lo sbocco naturale che hanno le città siciliane, mentre qui invece c’è una grande attenzione proprio alle aree verdi della città. Ed è una cosa che mi è piaciuta molto e che ti dico mi ha anche permesso e favorito lo scambio con le persone del luogo: appunto io portavo i bambini a giocare nei parchi e così facendo ho conosciuto tante persone.
Il nostro stesso quartiere è ricco e pieno di aree verdi che consentono molto la socializzazione. Poi altra differenza, ovviamente rispetto al cibo, la cucina piemontese è stata una scoperta: non la conoscevo la tradizione degli agnolotti; ho iniziato a mangiare con gusto la carne, che è una cosa che….ehm… ecco, in Sicilia non mangiavo tanto, non mi piaceva particolarmente. Qui l’ho scoperta, mi piace molto.
E poi si, il confronto con le persone amanti della montagna. Ti dico, questa è stata un’altra grande differenza che mi hanno fatto scoprire anche un po’ la montagna, portandomi a fare passeggiate e portandomi a conoscere la montagna sia quando innevata sia quando è verde, in estate
e quindi qua abbiamo scoperto per esempio la bellezza del trekking e delle passeggiate in montagna.
Bene o male allora credo che siano state queste le differenze principali. Ovviamente, ci colpiva qualcosa anche rispetto il dialetto no? E ci colpivano delle frasi tipiche piemontesi, tipo il classico: “Neeee”, per esempio che noi non diciamo oppure “Facciamo che andare”, che noi non diciamo; ci divertivamo un po’ a trovare questa differenza nel linguaggio, anche se non siamo mai entrati veramente a contatto col dialetto piemontese, perché è veramente parlato poco, pochissimo e quindi è difficile per noi imbatterci ancora in qualcuno che lo parli.
Aggiungo solo una cosa Fede, perché un’altra cosa che ricordo e mi colpì moltissimo di Torino fu il suo silenzio, io venivo dal caos di Palermo dove si sentiva il rumore in ogni angolo delle strade, in qualunque strada della città, sono arrivata qua, mi sembrava una città silenziosissima, anche quando ero piena di gente.
Non c’era mai quel caos da cui venivo io e questo mi colpì tantissimo allora”.
Torino, 14 Aprile 2023