Guardare oltre – don Emilio Zeni
Guardare oltre – don Emilio Zeni
Non bastano i programmi a lungo termine e nemmeno le intuizioni sul rapido evolversi dei costumi. L’oltre cristiano supera gli orizzonti umani inoltrandosi nel mistero rivelato dall’eternità.
Immersi nella storia che ci trascina con le sue infinite ombre e luci, il nostro sguardo, troppo sovente, punta solo sull’immediato, tirandosi dietro anche l’anima.
È l’antico “carpe diem” – cogli il momento che fugge – che s’impadronisce dei nostri desideri e detta le leggi dell’operare.
Eppure tutto il messaggio evangelico è impostato su questo mirabile guardare oltre il tempo che inghiotte i giorni con la sua lunga sequenza di esperienze più o meno infelici della vita.
Gesù lo insegnò ai suoi discepoli con un gesto di infinita tenerezza: sul Tabor della Trasfigurazione aprì loro una luminosa finestra perché imparassero a vedere oltre le tenebre dell’imminente tragedia della Croce che li avrebbe sconvolti. Fu un momento di paradiso che entusiasmò Pietro a tal punto da fargli dire cose un tantino insensate. Per poco, poi la ridiscesa al piano li avrebbe ricondotti alle realtà umane del Getzemani e del Golgota.
La Pasqua di Risurrezione è l’annuncio più splendido che Dio volle fare all’umanità che ama: un traguardo di luce in cima alla salita, per quanto faticosa, la gioia inesprimibile di una vittoria assoluta non solo sul peccato e sulla morte, ma pure sulle tante illusioni terrene rivestite di felicità nelle quali si rifugiano anche non pochi credenti, consumandovi la vita. È l’avverarsi della Promessa.
Quando non si guarda oltre, la vita può trasformarsi in una angoscia latente anche per chi, in possesso di beni e di successo, s’impingua di cose che passano, rimuovendo a fatica, con nuove e mai sufficienti distrazioni, l’idea del tempo in cui tutto finirà. Una cupa rassegnazione per gli altri, nel tormento delle privazioni e della sofferenza, della morte, del mistero, del nulla: tenebra assoluta in muta solitudine.
Guardare oltre le vicende belle o tristi, è proprio del vero discepolo di Cristo. È l’alba luminosa della Pasqua che ne illumina la vita, ne allarga l’anima, spalanca le porte alla speranza e con essa all’amore operoso per chi, in maniera diversa, si fa compagno del suo cammino.
Lo dicono i santi e lo sussurrano i nostri “vecchi”, debilitati dall’età e dalle fatiche ma abituati a guardare oltre, lo ripetiamo noi che ne abbiamo raccolto i preziosi insegnamenti: “un pezzo di Paradiso aggiusta tutto” sul ritmo del canto del salmista: “Signore, il tuo volto io cerco, non nascondermi il tuo volto”.
Oggi più di ieri l’uomo, afferrato da una presunta onnipotenza tecnologica, ha bisogno di “allenarsi” a spingere oltre lo sguardo, nella luce della fede, per riappropriarsi della più grande promessa divina: la risurrezione che dà senso non solo alla appartenenza a Cristo, ma diviene inesauribile energia per affrontare, senza inutili contorsioni, l’avventura della vita che, qualunque essa sia, ha un immenso valore proprio per questa sua vocazione all’eternità, da risorti con Cristo, il Primo dei Risorti.
Guardare oltre, dunque, per scorgere le cose grandi che ci attendono e ridimensionare, al confronto, le piccole cose che riempiono i nostri giorni e rapidamente passano.