Maria di Nazareth DA DONNA A DONNA Silvia Falcione Baradello
Maria di Nazaret
Carissima Myriam,
ti sto chiamando con il tuo nome ebraico, Maria di Nazareth, perché spesso ci dimentichiamo che tu sei una donna israelita, ebrea, per giunta palestinese. Non è molto facile essere oggi palestinesi, come non lo è stato in passato essere ebrei e forse non lo è neanche adesso.
La tua terra, il tuo popolo, oggi è diviso fra due religioni e due appartenenze etniche che non riescono a convivere, non hanno finito di soffrire. Molti di noi non capiscono perché. Le radici di questo odio sembrano altrettanto profonde quanto insensate. Entrambi credono nello stesso Dio, pur attraverso la testimonianza e la rivelazione di diversi profeti, perché Dio è solo uno.
Entrambi vivono nello stesso luogo sulla terra; potrebbero fare della collaborazione e della condivisione delle intelligenze e dei saperi, uno strumento per renderla un vero paradiso, invece non perdono l’occasione per distruggerla e per erigere muri e combattere guerre che coinvolgono anche i loro vicini confinanti. Strana e terribile può essere la natura umana, soprattutto quando si sente troppo potente, anche nei confronti di Dio.
“Perché taci mentre l’empio ingoia il giusto?” si chiede il profeta Abacuc.
Questa domanda mi ha tormentato tutta l’estate.
Il giorno dell’Assunta, ho partecipato casualmente alla processione mariana di Notre Dame de Paris, con tutta la famiglia.
Mi ha richiamato alla memoria la processione di Maria Ausiliatrice a Torino e i pensieri che quella sera mi passavano per la mente.
Sia a Torino che a Parigi la folla che camminava dietro la tua immagine era la stessa, una folle enorme, incredibilmente eterogenea e colorata anche nel senso della pelle, una persona su cinque era di colore, di vari colori e tutti erano in preghiera.
Si pregava l’Ave Maria in tante lingue contemporaneamente, alla presenza di gente proveniente da almeno quattro dei continenti del pianeta. Ho pensato che solo noi cristiani abbiamo il coraggio di camminare dietro l’immagine di una semplice donna che stringe in braccio il suo bambino, di camminare e di compiere quell’atto spirituale e pacifico per eccellenza che è la preghiera.
Pregare è un atto d’umiltà che unisce gli spiriti, che crea unità, l’unità che tuo figlio Gesù ha chiesto per l’umanità nella sua ultima preghiera al Padre prima della croce.
Ho pensato che quella folla era la rappresentazione del regno di Dio, che Gesù annuncia nel Vangelo, la dimostrazione che l’umanità può convivere e condividere la stessa strada, la stessa storia, la stessa città, lo stesso pianeta senza farsi la guerra, senza essere gelosi e invidiosi gli uni degli altri, senza essere superbi della propria presunta superiorità, etnica, culturale, tecnologica, economica o sessuale che sia.
Ho pensato che era molto bello che questo accadesse dietro l’immagine di una madre e di un bambino. Sono gli esseri umani che soffrono di più nel mondo oggi, che muoiono di più nelle guerre, più dei soldati, e se non muoiono conservano ferite profonde nel corpo e nell’anima che non sempre potranno essere rimarginate.
Sono anche le persone più marginali e discriminate, quelle che fanno più fatica a vivere, anche nelle società più moderne.
Maria, tu sei icona della femminilità, della storia femminile, di una storia fatta spesso di silenzio, di troppo silenzio.
“Perché taci mentre l’empio ingoia il giusto?”.
Questa domanda la sento come rivolta a me stessa, mentre Abacuc la rivolge a Dio. Perché taccio?
Perché le donne tacciono invece che levare la loro voce contro la guerra e contro l’ingiustizia?
Situazioni che quasi sempre non hanno voluto, non hanno cercato, ma hanno solo subìto e non hanno il potere di controllare, ma la parola questa non ci manca.
Eppure ci nascondiamo nel silenzio.
Vorrei proprio affrontare questo difficile argomento, Maria: il silenzio delle donne.
Questo silenzio che spesso lascia la nostra voce fuori dalle maggiori vicende della storia umana.
A volte nei miei pensieri emerge un vago risentimento per il silenzio cui paiono votate le donne nella storia, silenzio che tu per prima vivi nei Vangeli e che spesso viene considerata come una tua scelta.
Sono cosciente che il silenzio quasi sempre non è una scelta, ma una condizione cui le donne sono state costrette spesso con la forza e con la violenza, perché comunque la storia politica ed economica dell’umanità è una storia di potere, di scelte e di prevalenza del pensiero maschile sulla cultura umana in quasi tutte le società del mondo.
Tutto ciò risulta evidente a chiunque si impegni a studiare la storia con un minimo di onestà intellettuale. È evidente nonostante il fatto che molti uomini lo neghino ancora, soprattutto se lo studio e la cultura non sono le loro attività preferite, ma non è tanto questo che mi preoccupa.
La storia non è solo politica, non è solo economia. Mi preoccupa piuttosto il fatto che questo silenzio non sembra rompersi neppure oggi che viviamo in un’epoca in cui i Diritti Umani vengono riconosciuti e proclamati ad alta voce nel mondo non solo occidentale, dove le donne hanno acquistato pari dignità in molti campi dell’esperienza umana, a volte anche quelli nei quali non era proprio il caso, almeno a mio parere. Penso alle forze armate.
Questo silenzio dura, spezzato solo a tratti da rare nostre voci e sembra assumere davvero, oggi, i connotati di una scelta libera di molte donne.
Se il passato relega le nostre storie, individuali o collettive, tutte all’interno della sfera privata, con maggiore o minore libertà a seconda delle culture di riferimento, oggi la possibilità di una vita pubblica le donne occidentali ce l’hanno, eppure sempre più spesso noi preferiamo collocare le nostre vite ancora per la maggior parte nel privato, soprattutto le donne cristiane.
Continuano ad essere poche le donne con ruolo e potere pubblico significativo, poche anche nei Parlamenti e neppure il libero e potente popolo americano è ancora riuscito ad eleggere una presidente donna.
Poche sono le voci femminili che si levano e quasi tutte quelle significative vengono dai paesi più poveri e meno liberi del pianeta. Le più coraggiose sono oggi certamente le donne arabo-musulmane.
Dio ci perdonerà questo silenzio, Maria, quando ci presenteremo di fronte a Lui nell’ultimo giorno? Io non riesco a non sentirmi responsabile, ma non so quale sia la strada giusta per le donne oggi, nella realtà complessa che viviamo.
Sono sicura di una cosa sola.
Nessun uomo potrà indicarcela.
Solo con l’aiuto di Dio in una profonda riflessione su noi stesse, forse la troveremo.