OGGI – don Emilio Zeni

Il passato non ci appartiene più, il futuro non sappiamo se ci sarà. Tra le mani abbiamo l’inestimabile dono del presente.

Pare che da sempre l’uomo si sia spinto più facilmente a sognare quello che ancora non ha, o a sostare in contemplazione, triste o esaltata, di quello che fu. E in questo gioco tra ieri e domani non si accorge che gli scivola via l’oggi che è l’unico bene che realmente possiede.

Da bambini ci raccontavano la storiella dello studente sognatore che, ricurvo sul libro, sognava il suo futuro, grande e prestigioso: presidente di stato, generale d’armata, forse papa: già, papa, ma che nome avrebbe potuto prendere?  Fu la solita, sincera vocina a dirgli che l’unico nome a lui adatto poteva essere “Sciocco!”.

Già nel libro sacro del Qohelet si legge che “fantasticare è inutile, come andare a caccia di vento” e in Siracide, più crudamente si afferma che “illusione e fantasia danno sicurezza solo agli stupidi “.

Certo, il passato condizione in qualche modo il presente: il successo o l’insuccesso di ieri possono determinare l’umore di oggi e, alla stessa maniera, l’oggi condizionerà il nostro domani che entrerà prepotentemente nei nostri pensieri fino a trasformarsi in ansia. Sono i tranelli da cui l’uomo deve guardarsi, perché la sua anima possa essere libera di esprimere il meglio di sé, assaporare la vita così come essa si presenta, contemplare ciò che le passa davanti e ne provoca le emozioni, sentirsi creatura a immagine di Dio, il quale, mentre crea –  come leggiamo nel libro della Genesi –  guarda con stupore quanto esce dalle sue mani onnipotenti: “… e vide che era cosa buona…  e fu mattina e fu sera…“.

Trasformare la vita ricca di giorni inseguiti dalle sequenze, non sempre limpide, del passato o del futuro, in giorni gustati o sofferti, ma vissuti in piena coscienza come di un talento da fare fruttare, è l’impegno dei saggi, la grandezza dei santi, segno di un abbandono totale nelle braccia del Signore.

Nel Vangelo Gesù è esplicito, persino con un tocco di poesia: ”Non preoccupatevi del domani, di cosa vi vestirete e cosa mangerete… guardate i fiori dei campi o gli uccelli del cielo: non filano e non mietono…” e il Padre,  infatti,  che pensa a vestirli e a nutrirli… Che dire di noi,  ben più che semplici creature,  ma “figli”?  E ci insegna a chiedergli il pane per “oggi”, ogni giorno così gustando il pane quotidiano senza appesantirci con l’ansia del pane di poi.

Un atteggiamento sereno e responsabile che non chiude la finestra sul passato o sul futuro, ma aiuta a guardare come un dono irripetibile il giorno illuminato dal sole, irrorato dalle piogge o, talvolta, turbato dal temporale, ma vissuto da svegli. E domani, se ci sarà, non ci si dovrà abbandonare a quella penosa nostalgica tristezza con cui il poeta Giacomo Leopardi prevedeva i pensieri del suo domani: ” Hai, pentirommi e spesso, ma sconsolato volgerommi indietro“.

Mi piace piuttosto, poter pregare alla sera di ogni giorno come ci avevano insegnato i nostri vecchi: “Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato fatto cristiano e conservato in questo giorno… perdonami il male che oggi ho commesso e se qualche bene ho compiuto accettalo…”  E senza ansie, affidargli la notte per essere nuovamente disponibile, se lo vorrà, a continuare con Lui, passo dopo passo, il mio cammino.  Domani è un altro giorno.