Di Buon Mattino (Tv2000) – Le catacombe di Santa Cristina a Bolsena

Le catacombe di Santa Cristina a Bolsena

TV 2000, durante il programma Di Buon Mattino, ha presentato le catacombe di Santa Cristina a Bolsena.

Mons. Pasquale Iacobone, Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, introduce l’argomento.

Intervista 2 – Silvia Falcione

Con i miei studenti di terza e quarta liceo delle scienze umane abbiamo affrontato il fenomeno della migrazione spaziando da quella di oggi fino a quella dei loro nonni durante la grande migrazione interna italiana da sud verso nord, in particolare verso Torino e la Fiat.

Ho chiesto loro di realizzare delle interviste libere sulle storie di vita dei migranti che conoscevano. Hanno raccolto storie molto interessanti che vi proponiamo.

Intervista realizzata da Elisa, 17 anni

Ecco l’intervista di Leticia Moreira Passamani Marqués, che racconta della sua storia di vita di quando è migrata in Italia.

La prima domanda che ho posto a Leticia è stata: “Perché hai deciso di partire?” La sua risposta è stata:

“Ero molto piccola, avevo solo 5 anni quando sono arrivata in Italia. Io, mia mamma e mia sorella abbiamo deciso di partire dal Brasile all’Italia principalmente perché mia madre lavorava al Consolato italiano in Brasile e quindi per motivi lavorativi era più comodo trasferirsi qui.

Inoltre lì la vita è molto più cara, c’è un’enorme disuguaglianza tra le poche persone ricche e i tanti poveri e la nostra era una famiglia che aveva i soldi solo per mangiare, per curarsi in caso di necessità attraverso i servizi sanitari e per pagare le spese e i servizi essenziali alla vita.

Siamo venute in Italia per cercare condizioni di vita migliori, per allontanarci dalla realtà spesso violenta del Brasile, per vivere in un paese più sicuro e per avere una buona istruzione.

Un altro motivo per il quale siamo migrate era mia nonna, che era già venuta due volte in Italia e alla terza aveva deciso di viverci definitivamente e di richiedere quindi il permesso di soggiorno.”

La seconda domanda che le ho posto è stata: “Che viaggio hai fatto?” Lei ha risposto cosi:

“Ho fatto un viaggio di due ore partendo da Espirito Santo, stato sudorientale del Brasile in cui sono nata, fino a San Paolo. Da San Paolo ho fatto otto ore di aereo fino a Torino Caselle.

È stato un viaggio molto lungo e molto faticoso, soprattutto per una mamma sola con due bimbe piccole che si stava trasferendo in un luogo così distante. Era luglio e faceva molto caldo, da quel che mi ricordo, avevamo viaggiato in comodità e in sicurezza.

Il viaggio, la partenza dal Brasile e l’arrivo in Italia, avevano richiesto molti controlli e sopratutto la validità del passaporto brasiliano. Finalmente, dopo un viaggio lunghissimo, arrivammo a Torino”.

La terza domanda che le ho posto è stata: “Come è stata l’accoglienza nel luogo di arrivo?E lei mi ha detto:

“Nonostante fossi molto piccola all’inizio non fu semplice, sentivo il distacco dal luogo in cui ero nata e cresciuta fino ad allora e la lontananza di mio papà, che essendo un militare era ed è tutt’ora rimasto lì per lavorare.

Ai primi tempi non conoscevo nessuno e il non sapere la lingua mi impediva di fare amicizie, però ero tranquilla poichè avevo con me i famigliari più stretti e dopo tanto tempo avevo rivisto la nonna.

La malinconia iniziò a scomparire del tutto quando iniziai la prima elementare. Mi ricordo che fin da subito le maestre e i compagni cercarono di integrarmi nella classe per non farmi sentire a disagio, ma solamente dal terzo anno iniziai a parlare bene l’italiano in modo tale da poter comunicare con gli altri.

Da lì a poco iniziai a socializzare, a fare le prime amicizie e a inserirmi i nuovi contesti come ad esempio praticare danza con altre bimbe della mia età.

Crescere in un paese che non è quello in cui sono nata è stata una dura prova per me stessa e per la mia famiglia.

È stato difficile soprattutto per l’adattamento al diverso stile di vita e per la difficoltà nel parlare l’italiano, che mi ha ostacolato nello studio a scuola e mi ha impedito di esprimermi in qualsiasi contesto sociale.

Appena siamo arrivate a Torino abbiamo fatto la richiesta di permesso di soggiorno, dopo 20 giorni la proposta è stata accettata e ci hanno rilasciato così i documenti.

Ormai ho 17 anni, vivo in Italia da 12 anni e sono a tutti gli effetti una cittadina italo-brasiliana, come lo è tutta la mia famiglia.”

Così Leticia, con le lacrime agli occhi per l’emozione, conclude il racconto della sua storia di vita.

Riva dà l’addio a Willi, l’anima della “Casetta”

Riportiamo di seguito l’articolo dedicato alla scomparsa di Cosimo “Willi”.

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Riva dà l’addio a Willi, l’anima della “Casetta”

Aveva il dono di cercare e trovare il bello.

Così viene ricordato CosimoWilliCuoco, mancato il 1 giugno a 68 anni: lascia la moglie Piera Marocco, il figlio Emanuele e la “casettadi San Domenico Savio di cui era direttore.

“Willi” era conosciutissimo in paese:

Perché aveva fatto parte del gruppo di giovani che a San Giovanni di Riva aveva ristrutturato la “casetta” natale di san Domenico Savio – lo ricorda il sindaco Lodovico Gillio – Con una grande opera di volontariato, cui avevo collaborato anche io, quella che era una cascina cadente era diventata un centro di spiritualità salesiana dove, ogni anno, passano migliaia di persone.

Cuoco aveva incontrato don Bosco da giovanissimo:

Frequentava l’oratorio salesiano della Crocetta – interviene Enrico Greco, uno degli amici della prima ora – Raccontata che, per il taglio vagamente orientale dei suoi occhi, era stato soprannominato “Willi” anche se il nome non ha a che fare con l’Oriente. Però quell’appellativo gli è rimasto addosso.

Da adulto aveva lavorato per i salesiani, a Valdocco. In particolare si occupava della gestione del teatro e delle case per le vacanze estive.

In quel contesto aveva appreso tante abilità che poi ha usato alla “casetta”, di cui è stato direttore in due tornate – riprende Gillio – Attualmente era in carica, sostituirlo non sarà facile perché, per ogni necessità, il punto di riferimento era lui. Era molto determinato, aveva grandi capacità gestionali e un grande attaccamento alla spiritualità salesiana.

Ricorda anche uno degli ultimi incontri:

Poche settimane fa, per la festa di san Domenico Savio. Ma già si vedeva che non stava bene, che faticava.

La sua scomparsa ha suscitato grande cordoglio. Al rosario nella “casetta” c’erano 500 persone e al funerale la chiesa era piena: col parroco don Marco Norbiato hanno celebrato altri 14 sacerdoti, tra cui il vicario ispettoriale don Michele Molinar e il direttore del Colle Don Bosco, don Thatireddy Vijaya Bhaskar.

Giovanna Colonna collabora nella gestione della “casetta”:

Ho un ricordo personale: un anno fa ho festeggiato qui i miei 60 anni e i 90 di mio papà. Willi si era prodigato come sempre affinché tutto fosse perfetto: con lui la “casetta” era sempre un gioiellino, sapeva abbinare fiori e colori.

Poi descrive il suo rapporto con i pellegrini, che da tutta Italia e anche dall’estero andavano alla casa del Santo ragazzino:

Il suo carattere era molto affabile e alla mano, era sempre disponibile e inoltre aveva una grande competenza: si potrebbe dire che la realtà e la storia salesiane gli scorrevano nelle vene. Tra le sue doti c’era la capacità di mettere le persone a proprio agio, i giovani come gli anziani.

Intervista 1 – Silvia Falcione

Con i miei studenti di terza e quarta liceo delle scienze umane abbiamo affrontato il fenomeno della migrazione spaziando da quella di oggi fino a quella dei loro nonni durante la grande migrazione interna italiana da sud verso nord, in particolare verso Torino e la Fiat.

Ho chiesto loro di realizzare delle interviste libere sulle storie di vita dei migranti che conoscevano. Hanno raccolto storie molto interessanti che vi proponiamo.

Intervista realizzata da Kiara, 16 anni

Questa che scriverò a breve è la storia di un nostro caro amico di origini Albanesi, o almeno amico molto stretto di mio nonno paterno, anch’egli di origini albanesi, che ho conosciuto qualche estate fa, quando sono andata giù in Albania con la mia famiglia, per scoprirlo come paese e conoscere nuovi posti.

Quella che ci racconterà è una storia di vita incredibile, che mi ha fatto riflettere molto, conoscere e capire molte cose…

“Io sono nato e cresciuto in Albania con la mia famiglia, sempre accanto e d’aiuto a loro. Di certo non navigavamo nella ricchezza, anzi, a causa di guerre civili, crise economiche, malattie, carestie, ecc

A quei tempi vi era una povertà assoluta, si lavorava sodo, per potersi permettere luce, gas e pane a tavola…

Sono sempre stato un bambino che studiava, per quanto si poteva, si divertiva con poco, per esempio una cosa che mi piaceva molto era giocare con i miei amichetti a calcio, ero pure bravo eh, inoltre e soprattutto lavoravo molto…

Sin da piccolo aiutavo mio padre nelle faccende riguardanti i nostri campi, come ho detto prima, sono sempre stato presente e d’aiuto alla mia famiglia per tutto.

Fin quando all’età di 17 anni, non decisi di mollare tutto, ed andare via… Non di certo per viaggiare e divertirmi, ma per trovare un lavoro abbastanza remunerativo, così da poter aiutare un po’ economicamente la mia famiglia…

Quindi presi tutto il necessario in uno zainetto, e partii con altri tre ragazzi per la Grecia, a piedi… E siccome vivevo nella parte settentrionale dell’Albania, il tragitto fu abbastanza lungo, infatti ci facemmo ben 5 giorni di camminata.

Il momento che più ricordo di questo viaggio, fu quando giungemmo il confine tra Grecia e Albania. Terribile momento… Perché vi era la polizia, i controlli etc… E noi senza documenti dovemmo fare di tutto per superare questa dogana, senza farci vedere.

Purtroppo due dei miei amici furono avvistati e di conseguenza arrestati… Io invece ce la feci a passare, ma dovetti dividermi dagli altri ragazzi, che non rividi mai più… E da qui, completamente da solo, iniziai a costruirmi a poco a poco una così detta ‘vita’.

Dal superamento del confine, raggiunsi una citta al nord della Grecia, e la prima cosa che feci fu trovarmi un lavoro, in nero ovviamente, perchè non avevo documenti e niente, ero un’immigrato irregolare, fortunatamente conobbi una persona, anch’egli albanese, che mi permise di soggiornare nel suo appartamento…

E rimasi così per un bel po’ di tempo, perchè neanche io sapevo quanto sarei rimasto, cosa ne sarebbe stato del mio futuro, di me ecc.. L’unica mia intenzione e l’unico mio problema era rimanere fin quando non avessi guadagnato abbastanza per tornare dalla mia famiglia…

Continuai così in Grecia per ben sei mesi, fin quando un giorno non mi beccò la polizia greca che mi riportò immediatamente in Albania.

Una volta tornato nel mio paese, ci rimasi per un lungo arco temporale, fin quando un anno dopo non decisi di ritornare in Grecia… Quindi rifeci lo stesso identico tragitto, riuscii a superare il confine e ancora una volta ricominciai da zero…

Continuai così per 2/3 mesi, fin quando un giorno, la polizia beccò me e un mio amico con cui avevo fatto il viaggio.  Questa volta i documenti ce li avevo ma ad ogni modo ci tennero per un po’ rinchiusi, e nel frattempo noi eravamo convinti che ci rimandavano nuovamente in Albania, quando poi non arrivò un poliziotto che ci disse: “Siete liberi”, questo perché, in quegli anni in Albania c’era una brutta guerra civile, e per la nostra protezione, ci permisero di rimanere fin quando non si sarebbero calmate le acque…

Successivamente, a distanza di non molto tempo, decisi spontaneamente di ritornarci, intento a non voler più tornare in Grecia…

Poi però dopo un po’ di tempo, più o meno verso i  vent’anni, iniziai a rendermi conto che per me lì non c’era un futuro, se non costruirmi una vita in cui avrei dovuto faticare come i miei genitori.

Allora decisi di partire per l’Italia… Con mio cugino prendemmo la prima nave e arrivammo in Puglia, dove prendemmo un treno in direzione di una città che conosceva lui. Il viaggio durò abbastanza..  Fin quando non arrivammo a Torino, luogo in cui ricostruì veramente e in modo serio da sotto zero la mia vita…

Inizialmente fummo ospitati da sua sorella, anche mia cugina, giusto il tempo di fare i documenti, quindi ottenere il permesso di soggiorno e trovare un lavoro.

Una volta messo qualche soldo da parte e con i documenti in mano, mi trovai una bella casetta e la affittai… E da lì in poi, mattone per mattone, iniziai a costruirmi una vita.

Ci fui per me e nel contempo per la mia famiglia…  Nel frattempo le cose al mio paese migliorarono, le mie due sorelle si sposarono e io continuai ad andarci ogni estate…

Feci molti sacrifici, ma sono serviti davvero tanto per arrivare dove sono ad oggi.  Sono pienamente cittadino Italiano, ho una bella famiglia, una bella casa, un lavoro,  sono in salute e contento di ciò che ho fatto e continuo a fare.

LA VITA MOLTE VOLTE TI SORPRENDE, e ti fa arrivare dove non pensi neanche lontanamente di poter arrivare…

Maurizio – la Redazione

Maurizio non è più con noi ma è tra noi.
Il tempo passa ma il bene resta e continua a donarsi e con le opere permane il ricordo. Chi ha avuto la fortuna di incontrare Maurizio nel suo percorso di vita conosce il bene che ha fatto; chi non lo ha incontrato beneficia del bene che ha lasciato.

Tutto di Maurizio era naturale e spontaneo: onestà, sincerità e lealtà. Ma la naturalezza con cui viveva questi pilastri della vita li ha conquistati nel tempo, con il continuo allenamento dell’anima, della critica e del confronto.

Credo che Maurizio avesse una solo paura: la banalità, la superficialità, l’indifferenza colpevole verso la società e il patrimonio che la componeva e abitava. Maurizio stava alla polis come l’ape laboriosa nel prato fiorito: lo arricchisce con la sua presenza attiva e attenta, lo fertilizza con le sue idee e le iniziative, lo coltiva con la perseveranza e la convinzione che il bene è indispensabile alla vita.

Grazie Maurizio, a presto in una nuova e bella iniziativa da realizzare nel mondo.

Di Buon Mattino (Tv2000) – Le catacombe di Savinilla a Nepi

Le catacombe di SavinillaNepi

TV 2000, durante il programma Di Buon Mattino, ha presentato le catacombe di Savinilla di Nepi, dedicate ai santi patroni Romano e Tolomeo.

Mons. Pasquale Iacobone, Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, introduce l’argomento.

FARE DEL BENE È IL MIGLIOR STARE BENE – Testimonianza ragazzo di Oratorio

San Domenico Savio, giovane, santo, felice.

Ma la santità è cosa di altri tempi, di altre generazioni. In questi tempi non si può fare del bene perché non si vive bene.

È davvero così? Proviamo a domandarlo ad un ragazzo di Oratorio, Simone:

Secondo te san Domenico Savio stava bene, era felice?

FARE DEL BENE È IL MIGLIOR STARE BENE – Testimonianza Nazarena

San Domenico Savio, giovane, santo, felice.

Ma la santità è cosa di altri tempi, di altre generazioni. In questi tempi non si può fare del bene perché non si vive bene.

È davvero così? Proviamo a domandarlo a una Nazarena, Graciela.

Graciela, cosa significa pregare per il bene e per la santità?

FARE DEL BENE È IL MIGLIOR STARE BENE – Testimonianza Animatori di Oratorio

San Domenico Savio, giovane, santo, felice.

Ma la santità è cosa di altri tempi, di altre generazioni. In questi tempi non si può fare del bene perché non si vive bene.

È davvero così? Proviamo a domandarlo a due Animatori di Oratorio, Erika e Matteo.

Erika, Matteo, con i vostri ragazzi come pensate di realizzare il bene per loro?

FARE DEL BENE È IL MIGLIOR STARE BENE – Testimonianza Cooperatrice

San Domenico Savio, giovane, santo, felice.

Ma la santità è cosa di altri tempi, di altre generazioni. In questi tempi non si può fare del bene perché non si vive bene.

È davvero così? Proviamo a domandarlo a una cooperatrice, Giuliana.

Giuliana, raccontaci un aspetto bello della santità di Domenico Savio