Piccoli gesti di pace – Silvia Falcione

Per non dimenticarci che in questo periodo di Pasqua in attesa di Pentecoste c’è ancora una bestia cattiva che tortura il mondo e si chiama guerra e non è una sola, non è solo quella che sconvolge l’Europa e mette in pericolo il mondo, ma sono tante le guerre che si combattono e vengono taciute in Africa e nel devastato Medio Oriente, perciò…

Per ricordarci di pregare per la pace ogni giorno e per ricordarci che anche noi, ognuno di noi può agire piccoli gesti di pace ogni giorno per vivere meglio, per sperare di più.

Piccoli gesti di pace, suggerimenti:

  • Adoperarsi per il bene
  • Piangere con chi piange
  • Costruire ponti
  • Accogliere per condividere
  • Allargare il cuore sempre più
  • Cambiare il cuore
  • Credere che il male si può vincere
  • Rinunciare alla perfezione
  • Fare un passo indietro
  • Dialogare
  • Far accadere il bene
  • Capire che stiamo perdendo tutti
  • Tendere le mani
  • Immaginare la gioia
  • Regalare abbracci
  • Avere fede
  • Avere fiducia
  • Pregare
  • Stare insieme
  • Ascoltare insieme
  • Lasciare parlare il cuore
  • Con empatia
  • Ricostruire
  • Fare progetti
  • Lanciare il cuore oltre
  • Alimentare la speranza
  • Passare da io a noi
  • Cooperazione e solidarietà
  • Benedizione

Intervista sulla Scuola del dopo Covid – Silvia Falcione

Un’intervista di approfondimento sulla scuola del dopo Covid.

La prof.ssa Silvia Falcione docente di Scienze Umane a Grugliasco Torino risponde ad alcune domande elaborate dall’Università Cattolica di Milano.

 

Cosa si è imparato è disimparato dal Covid in poi in materia di didattica e agire educativo?

Si è imparato a fare scuola a distanza, ovvero a usare diverse piattaforme didattiche che hanno permesso di continuare a fare lezione anche da casa. In realtà abbiamo usato tutti i mezzi possibili che già sapevamo usare, ma che non avevano mai avuto un Utilizzo didattico, come i social e wapp . Ripensandoci direi che in situazione di emergenza si può fare scuola con qualsiasi strumento, scrivendo sulla sabbia o su un qualsiasi supporto web. Usando in modo didattico il web si è implicitamente agito un uso educativo dello stesso, passando il messaggio che si può usare in modalità culturale e non solo di intrattenimento, gioco, perditempo… Disimparato.

Sicuramente gli studenti più giovani hanno disimparato e stare in aula e nei banchi, si sono in qualche modo de scolarizzati e ora ne vediamo le conseguenze sulle classi prime che sono da contenere molto più di prima. Alcuni docenti a mio parere hanno disimparato a gestire il gruppo classe con non poche derive autoritarie per farsi rispettare al rientro alla normalità.

Che tipo di didattica è possibile dopo il Covid?

Tutti i tipi di didattica sono possibili nel post Covid, ma sicuramente stiamo usando di più i mezzi tecnologici come le mail e le piattaforme che molti docenti continuano ad utilizzare per la consegna compiti o invio materiali didattici o link utili di approfondimento.  La lezione frontale viene utilizzata per riabituare gli studenti all’ascolto e al silenzio, quindi alla concentrazione, mentre I lavori di gruppo, con qualsiasi tecnica sono utili per la risocializzazione.

Quale rapporto tra discipline e agire didattico nel contesto ibrido reale/digitale?

Domanda difficile. Insegno scienze umane e sono particolarmente fortunata direi. Abbiamo riflettuto molto proprio con gli studenti sulla scuola sospesa tra reale e digitale. Loro mi hanno detto che tutto questo periodo è stato un periodo di vita sospesa non solo per la scuola. Ci sono due periodi nel parlare comune, il prima del covid e il dopo. Quello che loro hanno patito di più sono le restrizioni nei rapporti interpersonali che ha avuto conseguenze molto negative sulla socializzazione soprattutto sui più giovani, con risvolti psichiatrici troppo frequenti.

Mi viene in mente quando abbiamo parlato in una lezione su Meet di differenze di genere e modelli proposti socialmente e il giorno dopo sulle foto del profilo della classe c’erano tutte le principesse Disney mentre i ragazzi avevano pubblicato Peter Pan o Capitan Uncino piuttosto che Ulk. E la settimana dopo sui profili le principesse e gli eroi erano scomparsi per far posto a Obama e vari presidenti in seguito a una lezione di diritto. Se questo sia trasformare il disciplinare in didattica non saprei dire. Certo ho apprezzato l’intelligente ironia dei miei studenti.

Diario autografo 6 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 6 giorno: Casablanca.

L’abbiamo vista solo in piccola parte accompagnati da due guide femminili, le uniche di tutto il viaggio. La città nuova nata dal colonialismo francese. Così grande che non siamo riusciti a raggiungere il porto.

Le piazze enormi. I gabbiani e i piccioni in volo disturbati dai giochi dei bambini. Il traffico da metropoli. I palazzi in art déco tutti bianchi perché bianco è il colore della città.

In Marocco ci hanno spiegato, ogni città sceglie un colore di cui vestirsi. Così ci sono città bianche, verdi, gialle, blu e rosse.

La guida ci racconta una delle leggende di nascita della città. Storia del naufragio di un ricco mercante che sopravvive, ma perde la moglie e la figlia, così costruisce in alto sugli scogli per sè e per loro, un mausoleo tutto bianco. Le navi portoghesi che passavano lì davanti cominciarono a chiamarla cablanca. Da qui il nome Casablanca.

È la città dei saluti. Qui ci lasciamo in tempi diversi per tornare alle nostre città in tempo per l’Epifania, altra storia d’Oriente, protagonisti i misteriosi Magi.

Ci salutiamo grati di avere condiviso un viaggio breve, ma intenso nei tempi e nei contenuti e di avere vissuto una finestra di vita con altre vite, le nostre, di uomini e donne, di viaggiatori.

Au revoir!

Non solo a san Valentino – Adriana Perillo

Tutti sanno e sperimentano quanto sia facile innamorarsi e quanto difficile amare veramente.
(H. Hesse)

L’amore vive di piccoli gesti d’amore.
(T. Fontane)

Vuoi sapere se il tuo amore è bello e degno? guarda se ti solleva al di sopra di te stesso.
(A.Graf)

L’amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo.
(E. Fromm)

Tu non mi metti in catene. Questo mi tiene legato a te.
(Anonimo)

Perché un matrimonio sia ben riuscito bisogna innamorarsi molte volte. Sempre della stessa persona
(M. McLaughlin)

Amare è volere con tutte le forze il bene dell’altro, anche prima del tuo, e fare di tutto perché l’amato cresca e poi sbocci e fiorisca, diventando ogni giorno la persona che deve essere e non quello che vuoi modellare sull’immagine dei tuoi sogni.
(M. Quoist)

Se è amore vero e realistico. Sa perfettamente che la persona umana è debole, fragile, soggetta a imperfezioni ed errori. Quindi non procede poggiando i piedi sulle nuvole dorate, non si lascia catturare da falsi miraggi, non si benda gli occhi: li tiene, al contrario, ben aperti. L’amore vero sa che per potersi realizzare in pienezza c’è una lunga strada da percorrere e sa che tale strada non è senza ostacoli.
(D. Semplici)

L’amore è quella cosa che ci fa sorridere anche quando siamo stanchi.
(Tommaso, 4 anni)

Non bisogna mai dire ti amo se non è vero. Ma se è vero bisogna dirlo tante volte. Le persone dimenticano
(Jessica, 8 anni)

Diario autografo 5 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 5 giorno: Meknes.

Sono quattro le città imperiali del Marocco. RabatFesMarrakech che non vedremo e Meknes.

Unica a ospitare una moschea aperta ai non musulmani dove la guida più simpatica al mondo ci conduce, tra informazioni colte e battute quasi sempre sulle mogli, ma talmente simpatiche che gli perdoniamo di non essersi accorto che siamo quasi tutte donne.

Da Said capiamo come sono organizzate in tre cerchi le città. Il cerchio antico, la Medina. Il cerchio reale e amministrativo con il Palazzo del re. Risale circa al XVII secolo. E il cerchio della città nuova e moderna fuori dalle mura. L’intersezione dei cerchi crea le piazze. Zone comuni di incontri e di scambi.

E poi la Moschea. Spazio di preghiera. Spazio antico che si apre quasi impossibile tra i vicoli della Medina. Ci leviamo le scarpe ed entriamo. Spazio di silenzio e di arte. Maioliche floreali verdi bianche gialle blu ricoprono le pareti.

L’Islam è iconoclasta, non rappresenta né figure umane né animali. Restano i fiori. E i calligrammi del nome di Allah e delle sure coraniche. Fontane per le abluzioni prima della preghiera. Poste al centro delle sale. E una meridiana a scandire i tempi delle 5 preghiere della giornata.

Il muezzin lancia i richiami dal minareto. Lo abbiamo ascoltato ogni giorno. Tappeti morbidi per camminare.

Ma nello spazio sacro dell’ultima sala non si entra. Possiamo solo affacciarci sul sarcofago del fondatore della città che riposa nella penombra.

Fascino d’Oriente misterioso sei racchiuso in un gioiello d’architettura creato per la preghiera corale.

Inshallah!

Diario autografo 4 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 4 giorno: Fes.

Fes città imperiale, meravigliosa città ci avevano detto già a Caselle di Torino.

Fes città enorme, adagiata su una lunga collina. Città dalla maestosa Medina. Ti avviciniamo dalla porta del girone infernale della concia delle pelli e della tintura delle lane come nel film di Zeffirelli. Odore insopportabile.

Una umanità fiera, ma incatenata da una fatica che non capiamo. Città di strade strettissime che non vedono il sole mai. Intasate di gente del luogo che cerca di lavorare tra i gruppi di turisti… per favore spostati c’è un carretto… per favore c’è l’asino carico, sto lavorando.

Asino carretto, asino carretto. Spostati dai.

Dove vado? Non perderti. Si perdono anche i locali. Davvero? Varchiamo la soglia della prima università fondata nel mondo, 820 dopo Cristo, al tempo di Carlo Magno. Prima di Bologna. Prima di Parigi.

Pranziamo in un ristorante da mille e una notte e usciamo nel caos organizzato di Fes. Città di tutti i colori e di tutti gli odori e di venditori indisponenti quasi feroci.

Città di artigiani esperti che confezionano oggetti di notevole fattura, ceramiche pregiate stoffe di seta di agave (lo avresti mai detto?) e le sciarpe dei Tuareg, pelli morbidissime, spezie e olio di argan che finalmente acquistiamo.

Città di gatti impassibili. Fes, non credo che ci mancherai.

Diario autografo 3 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 3 giorno: Ouezzane.

La casa rurale di Aicha e della sua famiglia con suo figlio Saladin contadino biologo ecologista, ci accoglie nel patio blu. Ci togliamo le scarpe per accomodarci sui divani marocchini, gustare dolcetti squisiti e sorseggiare tè alla menta, alla salvia, all’assenzio.

Poi una passeggiata sulle colline dove lui ha appena piantumato, ai limiti di una foresta protetta, ulivi Nuovi, innestandoli con altri selvatici per ottenere una varietà più resistente come facevano i nonni. E poi ha seminato orti cooperativi circolari dove legumi tuberi e ortaggi convivono e collaborano aiutandosi nella crescita.

E ha costruito una casa ecologica con muri di terra e paglia, riscaldata con energia geotermica e pannelli solari. Il solare termico scalda l’acqua, anche quella di una piccola piscina di raccolta della pioggia e alimenta un pozzo per l’acqua potabile. Una casa autonoma che somiglia a un piccolo rifugio di montagna. Profumata di legno di cedro Atlantico delle travi che sostengono il tetto.

 

Fare ecologia si può anche in Marocco. Il sogno di Saladin é seminare il progetto nel Marocco rurale per tornare a vivere in armonia con l’ambiente come una volta ma con l’aiuto della moderna tecnologia sostenibile e pulita.

Se lo ha fatto lui possono farlo tutti, basta insegnare come si fa. E lui lo sa. La cena è squisita cucinata dalle mani sapienti di Fatima con i prodotti dell’orto. Una zuppa di legumi e agnello con le verdure.

Fa freddo, ma ci scaldano il cibo è l’ospitalità e anche un po’ i sogni di Saladin.

Diario autografo 2 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 2 giorno: Asilah.

Meravigliosa città bianca e azzurra sul mare oceano. Deserta l’inverno e centro di turismo balneare frequentatissimo l’estate. Sede di una rassegna artistica annuale di artisti internazionali che dipingono ogni anno i suoi muri con le loro opere di arte contemporanea.

Spiaggia profonda di un giallo intenso. Oceano mare con le onde lunghe e spumose. Piedi nell’acqua fresca. Rari turisti stranieri e piccole botteghe artigiane con oggetti di pregio. Pochi i caffè aperti. Molte le case chiuse. Il mare d’inverno.

Tetouane. Una zuppa di fave nel suk profondo di una città mediterranea e un tè caffè nel giardino arabo con vista sulla collina coperta di case bianche. Una piazza per incontrarsi e i giochi dei bambini. Una strada del suk con mille gioiellerie con le porte aperte. Qui non ruba nessuno? E gatti. Come ovunque qui, di ogni colore.

La città blu Arrampicata sulle montagne del Rif, Chefchaouen risplende di luci quando arriviamo che è già notte. La notte di Capodanno. I turisti sono ovunque. Venuti da ogni dove. Non ce l’aspettavamo così. Immaginavo una città sospesa nel tempo e nel nulla. Invece sembra finta. Le case divenute alberghi ci impegnano con lunghe scale e alti gradini. Il nostro ha un’alta terrazza che ci ripaga con un panorama da presepio. Qui salutiamo la mezzanotte con molta allegria, dolcetti locali e due bottiglie di spumante faticosamente recuperate nel retro di un Carrefour.

Il Marocco è musulmano e non vende alcoolici se non di straforo. Al mattino del primo dell’anno la città è quasi deserta e si offre fresca nel suo blu di case, di scale di porte, su cui appaiono ogni momento gattini neri, gattini biondi, gattini bianchi, gattini tigrati. Mancano i gatti blu.

Facciamo incontri nei vicoli stretti con signore avvolte in scialli, bambini che si rincorrono, signori con il djellaba, tipico cappotto di lana marocchino col cappuccio rovesciato. Sciarpe e tappeti di lana morbida e ruvida appesi in bella vista. Colori sul blu. Recupero la mia città immaginaria che presto si riempie di nuovo di botteghe di ciarabattole e di turisti.

È ora di andare. È ora di lasciarla. Adieu bleu.

 

Diario autografo 1 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 1 giorno: Rabat inclusiva.

Ci accoglie Mohamed, la nostra guida, nella sua Associazione per persone con sindrome di Down. Si respira un clima inclusivo.

Bambini, bambine, ragazzi e persone di ogni età frequentano laboratori di cucito, manualità e pittura. Alcuni sono dei veri artisti guidati da una pittrice marocchina volontaria. Hanno tenuto mostre in molti paesi europei.

Arte contemporanea emozionale, coloratissima, sorprendente. Si cimentano in molti sport. Hanno rapporti con scuole e associazioni italiane e francesi. Hanno un ristorante gestito da loro con l’aiuto di educatori e volontari dove mangiamo un’ottima tajine di cous cous.

Sorrisi ovunque. Gentilezza. Allegria. Non si poteva cominciare meglio. Rabat città, una città grandissima e moderna. Bianca sotto il sole. Viali ombreggiati da grandi alberi potati in quadrato con radici aeree, illuminazione notturna a strisce di led.

Una Medina splendente e curata, di fronte al mare oceano. Botteghe di oggetti multicolor e gentili signore che sanno fare sulle mani disegni floreali con l’hennè.

Un tè in terrazza per scambiare le prime chiacchiere col gruppo di viaggiatori solidali.

Sorrisi, nomi, storie. Bellezza. Calma. Sole. Oceano. Profumo di menta.

Famiglia, luogo di perdono… Papa Francesco

Non esiste una famiglia perfetta.

Non abbiamo genitori perfetti, non siamo perfetti, non sposiamo una persona perfetta, non abbiamo figli perfetti. Abbiamo lamentele da parte di altri.

Ci siamo delusi l’un l’altro. Pertanto, non esiste un matrimonio sano o una famiglia sana senza l’esercizio del perdono. Il perdono è vitale per la nostra salute emotiva e per la nostra sopravvivenza spirituale. Senza perdono la famiglia diventa un’arena di conflitto e una ridotta di punizioni.

Senza perdono, la famiglia si ammala. Il perdono è l’asepsi dell’anima, la pulizia della mente e l’alforria del cuore. Colui che non perdona non ha pace nell’anima o comunione con Dio. Il dolore è un veleno che intossica e uccide.

Mantenere il dolore nel cuore è un gesto autodistruttivo. È l’autofagia. Colui che non perdona diventa fisicamente, emotivamente e spiritualmente malato.

Ed è per questo che la famiglia ha bisogno di essere un luogo di vita e non di morte; Il territorio della cura e non della malattia; Lo scenario del perdono e non la colpa. Il perdono porta gioia dove il dolore produce tristezza; In cui il dolore ha causato la malattia.