Articoli

Pensieri e Parole | Il dolore – Silvia Falcione

A me sembra che il dolore si presenti sul sentiero della vita a tappe come una pietra d’inciampo o come un temporale da cui esci fradicio ma poi ti asciughi.

Resta una pozza.

Resta un ricordo di un evento andato. Concluso.

Ma quando il dolore è molto troppo, allora diventa un pozzo profondo.

Non riesci a parlarne con nessuno. Soprattutto con le persone coinvolte.

Il pozzo è profondo.

Intorno tutta la vita continua gioiosa e le stagioni si susseguono.

L’erba cresce e i fiori sbocciano.

Meglio non affacciarsi al bordo del pozzo. Ti attira sul fondo e ti potrebbe tirare giù.

Meglio restare sul prato e sul sentiero dove la vita continua e lasciare il pozzo laggiù guardandolo ogni tanto per ricordare.

Guardando l’erba che cresce anche li intorno insieme alle margherite.

Il pozzo è pieno di lacrime lo sai. Ma tu sei dentro la vita che continua e fiorisce.

Non puoi sigillare il pozzo custode delle tue lacrime.

Ma non avvicinarti. Potrebbe attirati giù.

Cogli le margherite e sorridi e percorri il sentiero con gli altri. Anche loro hanno un pozzo.

Ma non ti diranno quale.

Pensieri e Parole | Gioia. Sostantivo femminile. – Silvia Falcione

Stato emotivo di viva, completa, incontenibile soddisfazione che provoca una gioia piena con grida e lacrime di gioia, a volte.

“Gioia promette e manda pianto Amore” (Foscolo)

La gioia è un’emozione. Come tale la gioia è uno stato profondo dell’essere.

Nasce in modo inaspettato, davanti al cielo, al mare, a due occhi belli, ascoltando una canzone, da un ricordo, un profumo, un sorriso…

Quando la gioia ci viene dagli altri riguarda l'altruismo, mentre la felicità è un piacere personale.

Bisogna essere profondamente radicati e consapevoli di se stessi per poter aiutare gli altri, senza che un senso di sopraffazione o di frustrazione per un mancato riconoscimento dei propri sforzi ci raggiunga.

Si chiama altruismo, si pratica in modo incondizionato e ha a che fare con la gioia.

La felicità deriva da istanti, in cui il piacere è di solito personale. Bisogna essere allenati alla gioia per poter riconoscere gli istanti di felicità.

La felicità accresce la gioia e viceversa.

La gioia va allenata quotidianamente, ricercandola nel profondo.

È una specie di bussola: se sappiamo di cosa è fatta la nostra gioia che è fatta di perdono di eventi passati, accettazione del nostro presente e costante senso di gratitudine per la vita, sappiamo anche come ritrovarla in ciò che ci accade.

Pensieri e Parole | Quaresima – Silvia Falcione

Quaresima.

Quaranta giorni in cui i catecumeni si preparavano al Battesimo. Nella notte di Pasqua.

Un tempo per rinnovare in profondità la nostra fede.

Un tempo per mettere in discussione la nostra fede e verificare in profondità come la viviamo.

Un tempo per mettere in crisi i nostri programmi e rinnovarli e per fede, accettare i programmi di Dio. Anche se non ci sono chiari.

Un tempo per ripercorrere le strade della preghiera che ricarica lo Spirito.

Un tempo per riflettere sul peccato.

Il peccato è il buio della vita, è notte, è morte.

Il perdono è la luce che illumina questa notte.

Il perdono per noi stessi e per gli altri.

Il perdono è il sacramento della fede.

È il sacramento della verità su noi stessi.

È il sacramento della maturità della nostra fede, della libertà, dell’amore, della gioia, dello Spirito Santo, della Resurrezione.

La Quaresima è un tempo per perdonare.

Per riscoprire l’incontro con Dio nel perdono.

Pensieri e Parole | La Famiglia Salesiana – Silvia Falcione

Le giornate di spiritualità della Famiglia Salesiana 2024

Da giovedì 18 gennaio a domenica 21 si sono tenute a Valdocco le Giornate di Spiritualità per tutti i gruppi della Famiglia Salesiana, che sono davvero molti e sparsi per il mondo. Era la 42^ edizione, ma solo la quinta a Valdocco.

“Questo evento celebra la profonda comunione che esiste tra tutti i gruppi e con tutti i continenti. Il motivo centrale che ci riunisce è quello di vivere una profonda esperienza salesiana come famiglia, intorno alla Strenna che il Rettor Maggiore propone a tutta la Famiglia Salesiana e che per quest’anno è “Il sogno che fa sognare. Un cuore che trasforma i lupi in agnelli.

Così ha detto don Joan Lluis Playa delegato RM per la F.S.

Giovedì il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Ártime ha presentato a tutti la Strenna dicendo che il tema era stato ispirato dal fatto che il sogno dei nove anni che guidò tutta l’opera di Don Bosco, avvenne esattamente 200 anni fa nel 1824.

“Ritengo che la ricorrenza bicentenaria del sogno (…) meriti di essere messo al centro della Strenna, che guiderà tutto l’anno educativo pastorale di tutta la famiglia Salesiana. Esso potrà essere ripreso e approfondito nella missione evangelizzatrice, negli interventi educativi e nelle azioni di promozione sociale che in ogni parte del mondo fanno capo ai gruppi della nostra Famiglia, che trova in Don Bosco il Padre Ispiratore.”

Così scrive nell’introduzione Don Angel che è al termine del suo mandato e ha salutato tutti con commozione domenica in teatro. Tutti, davvero tutti, perché erano presenti quasi 400 persone provenienti da tutto il mondo in particolare quello di lingua spagnola, ma anche dal Libano, dall’Ucraina, dall’Ungheria…un popolo multicolor che ha vissuto i momenti di spiritualità e di festa con grande partecipazione ed allegria salesiana.

Non sono riuscita a partecipare a tutte le giornate, ma queste esperienze di mondialità trovo che siano sempre incredibilmente arricchenti per l’anima.

Alcuni temi mi sono rimasti impressi ascoltando: aprirsi a tutti, non restare chiusi nelle nostre piccole realtà, essere operatori di pace, educare alla pace, rinnovare ogni giorno la nostra vocazione, dedicarsi ai giovani più poveri come ha fatto Don Bosco, essi non sono oggi molto diversi da quelli che lui ha incontrato, cercato e amato.

 

Pensieri e Parole | Pace – Silvia Falcione

Proviamo a dare un senso alle parole.

Quelle che a volte diamo per scontate e che sono entrate nel vocabolario quotidiano non si sa bene come.

Integrazione. Certamente il senso e il significato delle parole non è solo quello letterale ma ha un aspetto di percezione personale e sociale.

Inclusione. Il termine integrazione ha preceduto per esempio nella riflessione sociologica e pedagogica il termine Inclusione. Entrambi dovrebbero essere sempre accompagnati da un aggettivo es. Sociale o scolastica che serve per esplicitare gli ambiti di applicazione. Da soli si espongono a equivoci.

Tolleranza. Spesso a me non basta. Non mi basta essere tollerata. Voglio di più. Vorrei essere capita. Tuttavia la tolleranza è il primo passo verso il percepire le differenze come ricchezza culturale. Sta anche alla base delle democrazie moderne. Certo è un termine limitato, un primo
passo verso un obiettivo più alto ovvero la convivenza civile e la cittadinanza. Ma senza il primo passo non si scala la montagna. Non si percorre nessuna strada.

Gennaio è il mese della pace. Senza tolleranza e senza inclusione sociale la pace non è di fatto possibile.

L’oratorio di Valdocco era ed è ancora spero, fondato su questi valori.

Pensieri e Parole | La confidenza – Silvia Falcione

Non a tutti si fanno confidenze. Ma quante confidenze ricevute negli anni da allieve e allievi.

L’ultima poco prima di Natale per telefono, anche se non sono più a scuola.

Prof. mi sono ritirata. Ora lavoro, non ce la facevo più, il clima era insopportabile. Penso che farò il serale“.

Me ne ricordo una avuta da tre bambini di 10 anni quando ero maestra. Tre bambini che per quattro anni di scuola non avevano mai dato problemi, vivaci, curiosi, educati.

Da due mesi sembrava che si fossero coalizzati in una banda di monelli disturbatori delle lezioni.

Non capivamo. Poi la confidenza.

Sai maestra i nostri genitori litigano sempre, forse si separano, non sappiamo cosa fare“.

Quei tre si erano confidati tra loro e cercavano di aiutarsi dando però molto disturbo in classe.

Si confidando con me, “Non dirlo a nessuno però maestra, è un segreto e non parlare con i genitori, per favore!“, da quel momento tornarono tranquilli.

Non è facile confidarsi, spesso è un salto nel buio, ma è anche un atto liberatorio.

Don Bosco riceveva molte confidenze dai suoi ragazzi, per questo parlava di familiarità.

L’oratorio era come la famiglia che avevano perduto.

E le nostre famiglie? Sono luoghi di familiarità e confidenza?

Intervista sulla Scuola del dopo Covid – Silvia Falcione

Un’intervista di approfondimento sulla scuola del dopo Covid.

La prof.ssa Silvia Falcione docente di Scienze Umane a Grugliasco Torino risponde ad alcune domande elaborate dall’Università Cattolica di Milano.

 

Cosa si è imparato è disimparato dal Covid in poi in materia di didattica e agire educativo?

Si è imparato a fare scuola a distanza, ovvero a usare diverse piattaforme didattiche che hanno permesso di continuare a fare lezione anche da casa. In realtà abbiamo usato tutti i mezzi possibili che già sapevamo usare, ma che non avevano mai avuto un Utilizzo didattico, come i social e wapp . Ripensandoci direi che in situazione di emergenza si può fare scuola con qualsiasi strumento, scrivendo sulla sabbia o su un qualsiasi supporto web. Usando in modo didattico il web si è implicitamente agito un uso educativo dello stesso, passando il messaggio che si può usare in modalità culturale e non solo di intrattenimento, gioco, perditempo… Disimparato.

Sicuramente gli studenti più giovani hanno disimparato e stare in aula e nei banchi, si sono in qualche modo de scolarizzati e ora ne vediamo le conseguenze sulle classi prime che sono da contenere molto più di prima. Alcuni docenti a mio parere hanno disimparato a gestire il gruppo classe con non poche derive autoritarie per farsi rispettare al rientro alla normalità.

Che tipo di didattica è possibile dopo il Covid?

Tutti i tipi di didattica sono possibili nel post Covid, ma sicuramente stiamo usando di più i mezzi tecnologici come le mail e le piattaforme che molti docenti continuano ad utilizzare per la consegna compiti o invio materiali didattici o link utili di approfondimento.  La lezione frontale viene utilizzata per riabituare gli studenti all’ascolto e al silenzio, quindi alla concentrazione, mentre I lavori di gruppo, con qualsiasi tecnica sono utili per la risocializzazione.

Quale rapporto tra discipline e agire didattico nel contesto ibrido reale/digitale?

Domanda difficile. Insegno scienze umane e sono particolarmente fortunata direi. Abbiamo riflettuto molto proprio con gli studenti sulla scuola sospesa tra reale e digitale. Loro mi hanno detto che tutto questo periodo è stato un periodo di vita sospesa non solo per la scuola. Ci sono due periodi nel parlare comune, il prima del covid e il dopo. Quello che loro hanno patito di più sono le restrizioni nei rapporti interpersonali che ha avuto conseguenze molto negative sulla socializzazione soprattutto sui più giovani, con risvolti psichiatrici troppo frequenti.

Mi viene in mente quando abbiamo parlato in una lezione su Meet di differenze di genere e modelli proposti socialmente e il giorno dopo sulle foto del profilo della classe c’erano tutte le principesse Disney mentre i ragazzi avevano pubblicato Peter Pan o Capitan Uncino piuttosto che Ulk. E la settimana dopo sui profili le principesse e gli eroi erano scomparsi per far posto a Obama e vari presidenti in seguito a una lezione di diritto. Se questo sia trasformare il disciplinare in didattica non saprei dire. Certo ho apprezzato l’intelligente ironia dei miei studenti.

Diario autografo 6 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 6 giorno: Casablanca.

L’abbiamo vista solo in piccola parte accompagnati da due guide femminili, le uniche di tutto il viaggio. La città nuova nata dal colonialismo francese. Così grande che non siamo riusciti a raggiungere il porto.

Le piazze enormi. I gabbiani e i piccioni in volo disturbati dai giochi dei bambini. Il traffico da metropoli. I palazzi in art déco tutti bianchi perché bianco è il colore della città.

In Marocco ci hanno spiegato, ogni città sceglie un colore di cui vestirsi. Così ci sono città bianche, verdi, gialle, blu e rosse.

La guida ci racconta una delle leggende di nascita della città. Storia del naufragio di un ricco mercante che sopravvive, ma perde la moglie e la figlia, così costruisce in alto sugli scogli per sè e per loro, un mausoleo tutto bianco. Le navi portoghesi che passavano lì davanti cominciarono a chiamarla cablanca. Da qui il nome Casablanca.

È la città dei saluti. Qui ci lasciamo in tempi diversi per tornare alle nostre città in tempo per l’Epifania, altra storia d’Oriente, protagonisti i misteriosi Magi.

Ci salutiamo grati di avere condiviso un viaggio breve, ma intenso nei tempi e nei contenuti e di avere vissuto una finestra di vita con altre vite, le nostre, di uomini e donne, di viaggiatori.

Au revoir!

Diario autografo 5 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 5 giorno: Meknes.

Sono quattro le città imperiali del Marocco. RabatFesMarrakech che non vedremo e Meknes.

Unica a ospitare una moschea aperta ai non musulmani dove la guida più simpatica al mondo ci conduce, tra informazioni colte e battute quasi sempre sulle mogli, ma talmente simpatiche che gli perdoniamo di non essersi accorto che siamo quasi tutte donne.

Da Said capiamo come sono organizzate in tre cerchi le città. Il cerchio antico, la Medina. Il cerchio reale e amministrativo con il Palazzo del re. Risale circa al XVII secolo. E il cerchio della città nuova e moderna fuori dalle mura. L’intersezione dei cerchi crea le piazze. Zone comuni di incontri e di scambi.

E poi la Moschea. Spazio di preghiera. Spazio antico che si apre quasi impossibile tra i vicoli della Medina. Ci leviamo le scarpe ed entriamo. Spazio di silenzio e di arte. Maioliche floreali verdi bianche gialle blu ricoprono le pareti.

L’Islam è iconoclasta, non rappresenta né figure umane né animali. Restano i fiori. E i calligrammi del nome di Allah e delle sure coraniche. Fontane per le abluzioni prima della preghiera. Poste al centro delle sale. E una meridiana a scandire i tempi delle 5 preghiere della giornata.

Il muezzin lancia i richiami dal minareto. Lo abbiamo ascoltato ogni giorno. Tappeti morbidi per camminare.

Ma nello spazio sacro dell’ultima sala non si entra. Possiamo solo affacciarci sul sarcofago del fondatore della città che riposa nella penombra.

Fascino d’Oriente misterioso sei racchiuso in un gioiello d’architettura creato per la preghiera corale.

Inshallah!

Diario autografo 4 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 4 giorno: Fes.

Fes città imperiale, meravigliosa città ci avevano detto già a Caselle di Torino.

Fes città enorme, adagiata su una lunga collina. Città dalla maestosa Medina. Ti avviciniamo dalla porta del girone infernale della concia delle pelli e della tintura delle lane come nel film di Zeffirelli. Odore insopportabile.

Una umanità fiera, ma incatenata da una fatica che non capiamo. Città di strade strettissime che non vedono il sole mai. Intasate di gente del luogo che cerca di lavorare tra i gruppi di turisti… per favore spostati c’è un carretto… per favore c’è l’asino carico, sto lavorando.

Asino carretto, asino carretto. Spostati dai.

Dove vado? Non perderti. Si perdono anche i locali. Davvero? Varchiamo la soglia della prima università fondata nel mondo, 820 dopo Cristo, al tempo di Carlo Magno. Prima di Bologna. Prima di Parigi.

Pranziamo in un ristorante da mille e una notte e usciamo nel caos organizzato di Fes. Città di tutti i colori e di tutti gli odori e di venditori indisponenti quasi feroci.

Città di artigiani esperti che confezionano oggetti di notevole fattura, ceramiche pregiate stoffe di seta di agave (lo avresti mai detto?) e le sciarpe dei Tuareg, pelli morbidissime, spezie e olio di argan che finalmente acquistiamo.

Città di gatti impassibili. Fes, non credo che ci mancherai.