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Intervista sulla Scuola del dopo Covid – Silvia Falcione

Un’intervista di approfondimento sulla scuola del dopo Covid.

La prof.ssa Silvia Falcione docente di Scienze Umane a Grugliasco Torino risponde ad alcune domande elaborate dall’Università Cattolica di Milano.

 

Cosa si è imparato è disimparato dal Covid in poi in materia di didattica e agire educativo?

Si è imparato a fare scuola a distanza, ovvero a usare diverse piattaforme didattiche che hanno permesso di continuare a fare lezione anche da casa. In realtà abbiamo usato tutti i mezzi possibili che già sapevamo usare, ma che non avevano mai avuto un Utilizzo didattico, come i social e wapp . Ripensandoci direi che in situazione di emergenza si può fare scuola con qualsiasi strumento, scrivendo sulla sabbia o su un qualsiasi supporto web. Usando in modo didattico il web si è implicitamente agito un uso educativo dello stesso, passando il messaggio che si può usare in modalità culturale e non solo di intrattenimento, gioco, perditempo… Disimparato.

Sicuramente gli studenti più giovani hanno disimparato e stare in aula e nei banchi, si sono in qualche modo de scolarizzati e ora ne vediamo le conseguenze sulle classi prime che sono da contenere molto più di prima. Alcuni docenti a mio parere hanno disimparato a gestire il gruppo classe con non poche derive autoritarie per farsi rispettare al rientro alla normalità.

Che tipo di didattica è possibile dopo il Covid?

Tutti i tipi di didattica sono possibili nel post Covid, ma sicuramente stiamo usando di più i mezzi tecnologici come le mail e le piattaforme che molti docenti continuano ad utilizzare per la consegna compiti o invio materiali didattici o link utili di approfondimento.  La lezione frontale viene utilizzata per riabituare gli studenti all’ascolto e al silenzio, quindi alla concentrazione, mentre I lavori di gruppo, con qualsiasi tecnica sono utili per la risocializzazione.

Quale rapporto tra discipline e agire didattico nel contesto ibrido reale/digitale?

Domanda difficile. Insegno scienze umane e sono particolarmente fortunata direi. Abbiamo riflettuto molto proprio con gli studenti sulla scuola sospesa tra reale e digitale. Loro mi hanno detto che tutto questo periodo è stato un periodo di vita sospesa non solo per la scuola. Ci sono due periodi nel parlare comune, il prima del covid e il dopo. Quello che loro hanno patito di più sono le restrizioni nei rapporti interpersonali che ha avuto conseguenze molto negative sulla socializzazione soprattutto sui più giovani, con risvolti psichiatrici troppo frequenti.

Mi viene in mente quando abbiamo parlato in una lezione su Meet di differenze di genere e modelli proposti socialmente e il giorno dopo sulle foto del profilo della classe c’erano tutte le principesse Disney mentre i ragazzi avevano pubblicato Peter Pan o Capitan Uncino piuttosto che Ulk. E la settimana dopo sui profili le principesse e gli eroi erano scomparsi per far posto a Obama e vari presidenti in seguito a una lezione di diritto. Se questo sia trasformare il disciplinare in didattica non saprei dire. Certo ho apprezzato l’intelligente ironia dei miei studenti.

Diario autografo 6 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 6 giorno: Casablanca.

L’abbiamo vista solo in piccola parte accompagnati da due guide femminili, le uniche di tutto il viaggio. La città nuova nata dal colonialismo francese. Così grande che non siamo riusciti a raggiungere il porto.

Le piazze enormi. I gabbiani e i piccioni in volo disturbati dai giochi dei bambini. Il traffico da metropoli. I palazzi in art déco tutti bianchi perché bianco è il colore della città.

In Marocco ci hanno spiegato, ogni città sceglie un colore di cui vestirsi. Così ci sono città bianche, verdi, gialle, blu e rosse.

La guida ci racconta una delle leggende di nascita della città. Storia del naufragio di un ricco mercante che sopravvive, ma perde la moglie e la figlia, così costruisce in alto sugli scogli per sè e per loro, un mausoleo tutto bianco. Le navi portoghesi che passavano lì davanti cominciarono a chiamarla cablanca. Da qui il nome Casablanca.

È la città dei saluti. Qui ci lasciamo in tempi diversi per tornare alle nostre città in tempo per l’Epifania, altra storia d’Oriente, protagonisti i misteriosi Magi.

Ci salutiamo grati di avere condiviso un viaggio breve, ma intenso nei tempi e nei contenuti e di avere vissuto una finestra di vita con altre vite, le nostre, di uomini e donne, di viaggiatori.

Au revoir!

Diario autografo 5 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 5 giorno: Meknes.

Sono quattro le città imperiali del Marocco. RabatFesMarrakech che non vedremo e Meknes.

Unica a ospitare una moschea aperta ai non musulmani dove la guida più simpatica al mondo ci conduce, tra informazioni colte e battute quasi sempre sulle mogli, ma talmente simpatiche che gli perdoniamo di non essersi accorto che siamo quasi tutte donne.

Da Said capiamo come sono organizzate in tre cerchi le città. Il cerchio antico, la Medina. Il cerchio reale e amministrativo con il Palazzo del re. Risale circa al XVII secolo. E il cerchio della città nuova e moderna fuori dalle mura. L’intersezione dei cerchi crea le piazze. Zone comuni di incontri e di scambi.

E poi la Moschea. Spazio di preghiera. Spazio antico che si apre quasi impossibile tra i vicoli della Medina. Ci leviamo le scarpe ed entriamo. Spazio di silenzio e di arte. Maioliche floreali verdi bianche gialle blu ricoprono le pareti.

L’Islam è iconoclasta, non rappresenta né figure umane né animali. Restano i fiori. E i calligrammi del nome di Allah e delle sure coraniche. Fontane per le abluzioni prima della preghiera. Poste al centro delle sale. E una meridiana a scandire i tempi delle 5 preghiere della giornata.

Il muezzin lancia i richiami dal minareto. Lo abbiamo ascoltato ogni giorno. Tappeti morbidi per camminare.

Ma nello spazio sacro dell’ultima sala non si entra. Possiamo solo affacciarci sul sarcofago del fondatore della città che riposa nella penombra.

Fascino d’Oriente misterioso sei racchiuso in un gioiello d’architettura creato per la preghiera corale.

Inshallah!

Diario autografo 4 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 4 giorno: Fes.

Fes città imperiale, meravigliosa città ci avevano detto già a Caselle di Torino.

Fes città enorme, adagiata su una lunga collina. Città dalla maestosa Medina. Ti avviciniamo dalla porta del girone infernale della concia delle pelli e della tintura delle lane come nel film di Zeffirelli. Odore insopportabile.

Una umanità fiera, ma incatenata da una fatica che non capiamo. Città di strade strettissime che non vedono il sole mai. Intasate di gente del luogo che cerca di lavorare tra i gruppi di turisti… per favore spostati c’è un carretto… per favore c’è l’asino carico, sto lavorando.

Asino carretto, asino carretto. Spostati dai.

Dove vado? Non perderti. Si perdono anche i locali. Davvero? Varchiamo la soglia della prima università fondata nel mondo, 820 dopo Cristo, al tempo di Carlo Magno. Prima di Bologna. Prima di Parigi.

Pranziamo in un ristorante da mille e una notte e usciamo nel caos organizzato di Fes. Città di tutti i colori e di tutti gli odori e di venditori indisponenti quasi feroci.

Città di artigiani esperti che confezionano oggetti di notevole fattura, ceramiche pregiate stoffe di seta di agave (lo avresti mai detto?) e le sciarpe dei Tuareg, pelli morbidissime, spezie e olio di argan che finalmente acquistiamo.

Città di gatti impassibili. Fes, non credo che ci mancherai.

Diario autografo 3 – Silvia Falcione

Diario autografo a puntate di un viaggio nel nord del Marocco organizzato da Viaggi Solidali, dal 30 dicembre al 5 gennaio appena passati. Viaggio condiviso con altre 12 persone e una guida locale che non si conoscevano prima.

Silvia Falcione, 3 giorno: Ouezzane.

La casa rurale di Aicha e della sua famiglia con suo figlio Saladin contadino biologo ecologista, ci accoglie nel patio blu. Ci togliamo le scarpe per accomodarci sui divani marocchini, gustare dolcetti squisiti e sorseggiare tè alla menta, alla salvia, all’assenzio.

Poi una passeggiata sulle colline dove lui ha appena piantumato, ai limiti di una foresta protetta, ulivi Nuovi, innestandoli con altri selvatici per ottenere una varietà più resistente come facevano i nonni. E poi ha seminato orti cooperativi circolari dove legumi tuberi e ortaggi convivono e collaborano aiutandosi nella crescita.

E ha costruito una casa ecologica con muri di terra e paglia, riscaldata con energia geotermica e pannelli solari. Il solare termico scalda l’acqua, anche quella di una piccola piscina di raccolta della pioggia e alimenta un pozzo per l’acqua potabile. Una casa autonoma che somiglia a un piccolo rifugio di montagna. Profumata di legno di cedro Atlantico delle travi che sostengono il tetto.

 

Fare ecologia si può anche in Marocco. Il sogno di Saladin é seminare il progetto nel Marocco rurale per tornare a vivere in armonia con l’ambiente come una volta ma con l’aiuto della moderna tecnologia sostenibile e pulita.

Se lo ha fatto lui possono farlo tutti, basta insegnare come si fa. E lui lo sa. La cena è squisita cucinata dalle mani sapienti di Fatima con i prodotti dell’orto. Una zuppa di legumi e agnello con le verdure.

Fa freddo, ma ci scaldano il cibo è l’ospitalità e anche un po’ i sogni di Saladin.

Cercare la pace e non sempre trovarla – Silvia Falcione

Oggi è la Domenica delle Palme. Da oggi Gesù va incontro al Calvario, ma la festa di oggi fa presagire ben altro.
La pandemia ci ha fatto sperare in tempi migliori: ANDRÀ TUTTO BENE ricordate?
Eppure siamo immersi in una nuova guerra terribile e violenta che nessuno si aspettava. I tempi non sono migliori, ma forse noi possiamo essere migliori se ci proviamo, almeno nelle nostre piccole vite.
Ho ritrovato per caso questa preghiera della grande anima di Charles de Foucault, scritta in tempi di guerra fredda e ve la ripropongo in questi nuovi tempi di guerra. Pregare è l’ultimo baluardo, per non spegnere la speranza. A voi.
LA PACE VERRÀ
Se tu credi che un sorriso sia più forte di un’arma.
Se tu credi alla forza di una mano tesa.
Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide.
Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo.
Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore.
Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l’altro, allora…
La pace verrà.
Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore.
Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino.
Se l’ingiustizia subita dagli altri ti rivolta come quella che subisci tu.
Se per te lo straniero che incontri è fratello e sorella.
Se tu sai donare gratis un po’ del tuo tempo per amore.
Se tu sai accettare che un altro ti renda un servizio.
Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora…
La pace verrà.
Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta.
Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria.
Se tu sai accogliere e accettare un modo di fare diverso dal tuo.
Se tu credi che la pace sia possibile, allora…
La pace verrà.
Buona Pasqua di Resurrezione, pregando che lo sia per tutta Europa, in modo che torni ad essere esempio di convivenza pacifica, nella differenza, per il resto del mondo.

Le catacombe di Vigna Chiaraviglio, don Pasquale Iacobone

Mons. Pasquale Iacobone, Segretario Pontificia Commissione Archeologia Sacra, è ospite della puntata di Bel tempo si spera del 10 giugno 2021

Storie di resilienza – Silvia Falcione

Simone è il maggiore di 8 fratelli, la mamma è maestra e in questi lunghi periodi di didattica a distanza ha sempre seguito le lezioni sul suo cellulare per lasciare a mamma e fratelli più piccoli i dispositivi più comodi. Spesso segue le lezioni facendo da baby sitter al fratellino più piccolo che ancora non cammina. Si vede dal video, allora gli dico, bravo fratello spegni. Una volta si è intravisto mentre dava la pappa al bimbo sul seggiolone, per un secondo.  Ma Simone ha bei voti, non ha mai perso una lezione, non ha mai smesso di studiare, mai. Crescerà bene quel bambino con il suo fratellone e la dad.
Ilaria c’era e non c’era. Poca connessione, sembrava. Qualche volta un letto disfatto alle sue spalle, un letto sanitario, quello della nonna anziana? Ilaria a volte era in ritardo con la consegna dei compiti. Mi scusi prof mi scusi. A Ilaria non mancava mai il sorriso, mancava la connessione, non i voti dignitosi. Un mese fa è morto il papà di Ilaria. Era malato di cancro da tre anni. Non lo abbiamo mai saputo. I quattro figli lo curavano dolcemente, hanno letto messaggi alle sue esequie. Era un papà buono di figli coraggiosi. Dopo tre giorni Ilaria è tornata a scuola, nella settimana di presenza. Ilaria sei qui, di già? I miei messaggi su wapp si sciolgono in un abbraccio, alla faccia del virus. Si prof ho pensato che era meglio. Ilaria la connessione non l’aveva mai perduta.

Francesca si è svegliata una mattina e non ci vedeva più. Francesca aveva paura ma non ci poteva credere. Come faccio a seguire le lezioni in video? Dentro e fuori dall’ospedale la vista poco per volta è tornata, ma non ti devi affaticare. Ascolta e non guardare. Guarda solo matematica che la prof usa la lim. Metti le cuffie e spegni il video. I compiti non li fare, almeno per ora, ma no prof li detto a mia mamma.  Francesca ha perso poche lezioni, quelle delle visite in ospedale.  Ora ci vede di nuovo, bene come prima. Siamo tornati a scuola, lei è sempre presente.  Leggo io prof? Francesca è resiliente, non molla mai, sa che ce la può fare.

La resilienza è pensiero positivo, questo è il vero contagio che ci portano a scuola i nostri studenti.