Perché io sono altrove? – Don Emilio Zeni

“Signore, se tu sei dappertutto perché io sono altrove?”

Se lo chiedeva Madaleine Delbrel (1904 – 1964) nel massimo della sua crisi spirituale. Atea, lucida e determinata, appena diciassettenne scrive nella sua indagine su Dio che ogni religione è un assurdo; tutto quanto è relativo nella vita. Anche l’amore per il quale non vale la pena impegnarsi.
Ma 18 anni si innamora di Jean, un ragazzo splendido. Un amore vero e sublime. Un giorno Jean decide di lasciarla per entrare in un convento di Domenicani. Per Madaleine furono giornate buie, tormentate dal pensiero di questo Dio che le aveva rubato Jean.

“Se Jean mi ha lasciata per appartenere a Dio chi è mai questo Dio?”

Provò a pregare. Rimase “abbagliata” da quel Dio che aveva dichiarato “morto” per sempre. Dio era lì, da tanto tempo; il suo cuore, quello si, era “altrove”. Non entrò in convento, la strada sarà il suo monastero, tra i più poveri e soli.

Può accadere a tutti di attraversare tempi di dubbi, eventi oscuri che gettano ombre sulle nostre sicurezze religiose. E la tentazione dell’abbandono può sfociare, quanto meno, in un vago senso di Dio, che non parla la vita nel veloce susseguirsi dei giorni. Ci sono talvolta confusi ricordi del catechismo della fanciullezza, ma l’esistenza, sovente, si discosta: altro e lui, altra e la vita. È dappertutto Dio, ma così lontano…

Eppure il canone sacro dei salmi afferma:

“Come andare lontano da te? Se salgo in cielo, Tu sei là; se prendo il volo verso l’aurora e mi poso all’estremità del mare: anche la mi afferra la tua mano. Dico alle tenebre: “Fatemi sparire”, alla luce intorno a me: “Diventa notte!” ma nemmeno le tenebre per te sono oscure e la notte è chiara come il giorno… sei Tu che mi hai plasmato il cuore e mi hai tessuto nel grembo di mia madre…”
(Salmo 138)

Noi siamo altrove fin quando il cuore non lo scoprirà come amore che crea, sostiene, guida, insegna, perdona, abbraccia e apre a quella speranza che va oltre l’affanno delle nostre giornate.
Sant’Agostino trentenne brillante, ricco, socialmente affermato, incontra Dio solo sulle strade del suo amore. Scrive:

“Tardi ti ho amato, bellezza così antica e sempre nuova, tardi ti ho amato. Sì perché tu eri dentro di me e io ne ero fuori…”
(Conf. X,27 ss).

Dio è dappertutto: basta lasciarsi guidare dallo stupore per scorgerlo nel mistero dell’alba, nell’incanto di un tramonto, nel fiore che sboccia, nel frutto che matura, negli occhi di un bambino, nella dolcezza di una mamma in attesa, nelle rughe di un anziano, nella pioggia che nutre e disseta, nella foresta che cresce, nell’uomo che si commuove, nel respiro del morente, nelle nascoste pieghe dei nostri sogni.

Quel Dio lontano, è così vicino da lasciarsi consumare nel mistero eucaristico, che si svela pienamente al cuore che accetta di essere amato da lui.

“Ci hai fatti per te Signore, esclama ancora Agostino, e il nostro cuore non ha pace fin quando non riposa in Te”
(Conf. l,1)

Anche gli animali pregano! – Luisa Vigna

Nella mia parrocchia circa 300 volontari prima della pandemia si avvicendavano giorno e notte nella cappella dedicata all’adorazione perpetua, suscitando in me sentimenti di ammirazione e di commozione ed ora la buona pratica ė ripresa in parte, in controtendenza rispetto ai tempi attuali in cui non c’è più spazio per pregare, riflettere, fare silenzio. Il benessere, il consumo, il godimento
sono imperativi categorici della comunicazione di massa e siamo diventati tutti più pretenziosi, inquieti, aggressivi, ancor più per la reclusione forzata.
Il retore africano Tertulliano leggeva a tratti nello sguardo degli animali la riconoscenza nei confronti del loro Creatore. Se è vero, come sosteneva Kierkegaard, che pregare è il respiro dell’anima, si può affermare che con il loro respiro anche gli animali elevano una lode a Dio. A maggior ragione l’uomo non può far mancare il suo slancio consapevole unendosi agli altri esseri viventi.

“Non di solo pane vive l’uomo”
recita Deuteronomio 8,3;

per la creatura umana è necessario un alimento che discende dal cielo e dà vita allo spirito.
In contrasto con il grigiore della nostra società in cui la malattia dell’indifferenza da Dio si trasmette a tutti i valori, impariamo a centellinare ciò che abbiamo ricevuto, a partire dalla vita stessa, senza chiedere nulla, riscoprendo la semplicità e l’essenzialità. La “preghiera d’amore” si fa non per ottenere una grazia, ma per invocare l’avvento del regno di Dio nella storia e contemplare l’azione segreta dello Spirito nei cuori. Secondo il monaco San Silvano è la preghiera più alta e pura e ha in sé un’energia dirompente capace di ridurre l’entità della cattiveria umana e di frenare la corsa al male.
Giunti al fondo non possiamo che risalire: forse proprio il senso di nausea e di insoddisfazione è il primo gradino di un ritorno a Dio nella ricerca di una maggiore autenticità.

“Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò”
(Is.66,13).

Dio ha non solo un volto paterno ma anche materno e ci sorride quando fissiamo lo sguardo su di Lui.

Buona strada – Silvia Falcione

Buona strada – Silvia Falcione

Questa estate è possibile che ci capiti di fare qualche escursione o passeggiata in montagna. Magari in salita e magari per arrivare in cima a una vetta o a un rifugio o comunque a una meta prefissata. Questa preghiera riprende la metafora del cammino della vita delle partenze delle fermate e ripartenze che la vita ci chiede e richiede. Un cammino a volte in salita a volte faticoso e bisogna avere una mèta per dargli un senso altrimenti si rischia la disperazione soprattutto davanti a quelli che ci appaiono come fallimenti. Non dimentichiamo che non siamo soli. Dio ci sta sempre accanto. Buona strada!

Signore,
la vita è una strada in salita ferma il passo.
Aiutami ad alzarmi e partire.
Da quando si nasce bisogna sempre partire,
uscire dal presente
protendersi verso l’avvenire.
Camminare.
Non ci si può fermare perché l’esistenza prosegue.
L’importante è camminare sulla tua strada Signore, anche se faticosa verso la meta, so che la ci sarai Tu ad attendermi.
La vita invoca una meta, pena l’apatia,
la disperazione, il fallimento.
Il futuro è davanti a noi,
Aiutami a camminare con speranza. 

14 luglio – Federica Marengo

14 luglio – Federica Marengo

14 luglio 2016 – 14 luglio 2021

Il 14 luglio è la festa nazionale francese, la festa del paese in cui vivo da più di 25 anni, in cui sono nati i miei figli e dove abbiamo costruito insieme la nostra vita. Il 14 luglio è una festa popolare, dove di sera tutti si recano in città a vedere i fuochi d’artificio e a ballare per le strade. 

A Nizza, dove abito, la festa si faceva a bordo mare, sulla Promenade des Anglais. I miei figli ed io ci andavamo sempre, ogni anno: pic-nic in spiaggia, in mezzo ad una folla variopinta di famiglie, turisti, giovani e anziani e poi lo spettacolo pirotecnico che illuminava il mare e il cielo. 

Il 14 luglio 2016, eravamo in vacanza, lontano da casa, lontano dalla Promenade des Anglais e dalla violenza dell’attentato. Quella notte, 86 persone sono morte: donne uomini bambini di tutte le nazionalità e di tutte le religioni. 

Questa mattina, ho guardato un documentario su quella notte. La mamma, il marito, un’amica di vittime dell’attentato e una giovane volontaria della protezione civile hanno raccontato il loro dramma personale e il dramma collettivo della città. Quello che più mi ha colpito è che nelle loro parole c’era una tristezza infinita, ma non disperazione. Non c’era odio, ma solo amore e un augurio di pace. Con emozione, vorrei pregare per le 86 persone che sono morte quella notte, e per i due amici di Saverio che resteranno eternamente ragazzini. 

I fantastici 90 di don Emilio!

I fantastici 90 di don Emilio!

Don Emilio, il 3 luglio 2021 ha compiuto i suoi primi 90 anni! Ecco il video a lui dedicato.

Compleanno don Emilio: i primi 90 anni!

Caro Don Emilio – Elena Gay in Riefolo

Caro Don Emilio,
in occasione del tuo splendido 90° compleanno, permettimi di rivolgerti qualche semplice pensiero. Come moglie di un ex allievo penanghino, ti conosco da diversi anni e anche se la mia frequentazione non è stata sempre costante nel tempo, tuttavia la tua profonda umanità, manifestata sia nei colloqui individuali, sia nelle accurate omelie della Santa Messa, i tuoi insegnamenti e i tuoi spunti di riflessione, durante quelle incantevoli serate a Gressoney, sono stati veri elisir di vita per noi, povere anime smarrite e brancolanti, in un mondo tanto confuso e problematico.
Caro Don Emilio, la tua presenza nel gruppo è preziosa, continua a seguirci e a confortarci ancora per tanti e tanti anni.

Con affetto e simpatia
Elena Gay in Riefolo

Don Zeni – Gino Franco

Don Zeni di Gino Franco
Ad una persona speciale, dal profondo del mio cuore, arriva un augurio speciale: Buon Compleanno! 90 anni portati molto bene e soprattutto da sacerdote e uomo molto intelligente e buono, disponibile sempre a soccorrere con la buona parola chi a lui si rivolge.
Il suo sorriso aperto e sincero, la sua voce piacevole sono armi formidabili nel suo modo di fare servizio. Con lui, come delegato degli exallievi di Penango, i giorni sono passati sono stati tra i più belli per me, insieme a lavorare per l’Unione in amicizia, dialogando sempre nello spirito salesiano.
Sul prato della colonia don Bosco a Gressoney l’ho visto sempre in azione a confessare, consigliare, confortare chi con lui si confidava ma anche a fare squadra in tornei di bocce, lottare con un montone; le sere a Gressoney le passiamo ancora, come tanti anni fa, ad ascoltare la sua buona notte ricordandoci tanti episodi della vita e degli insegnamenti di don Bosco di cui è un profondo conoscitore.
Caro Emilio, le tue omelie sono sempre ascoltate con interesse e piacere e non potrò mai dimenticare quella che hai tenuto nella celebrazione delle nozze di mio figlio, molto partecipata e sentita: un grandissimo dono per tutta la mia famiglia. Quando ne parliamo i nostri figli dimostrano molto affetto nei tuoi confronti: li hai visti dalla nascita e li hai seguiti nel loro crescere così come per i tantissimi ragazzi che hanno fatto parte della Unione di Penango. Emilio, non bastano certamente queste poche parole per raccontare tutto il bene che hai fatto e che farai ancora, perciò ti dico solo Grazie per i bei momenti passati insieme perchè sei la persona più straordinaria e bella che abbia incontrato nella famiglia salesiana.
Tanti Tanti auguri di buon compleanno.

Gino Franco

 

Grazie don Emilio – Conversando con don Emilio

Grazie Don Emilio!
Gressoney fa parte della mia vita, da sempre. Il grande prato e la casa di Wald mi hanno accolta bambina, ragazzina e poi mamma. E non posso pensare a Gressoney senza pensare a Don Emilio che mi ha vista crescere e mi ha accompagnato nella mia crescita, con la sua presenza discreta. Giovane adulta, un pomeriggio come tanti a Gressoney, ero seduta su una panchina al sole e chiacchieravo con Don Emilio. Ingiustizia sociale, disuguaglianza, povertà… erano problematiche a cui iniziavo ad avvicinarmi e che suscitavano in me dubbi e una certa forma di incomprensione. E quel giorno chiesi a Don Emilio perché io avessi avuto molti doni nella vita, praticamente tutto e altre ragazze niente, sottintendendo una certa forma di ingiustizia che rimproveravo al creato. Don Emilio mi rispose: “Se hai molto è perché Dio ti chiede di dare molto. Se hai molto, hai anche una grande responsabilità verso gli altri”. Con questa semplice piccola frase, che mi ha accompagnato negli anni, Don Emilio mi permise di scorgere la strada che volevo intraprendere.
Qualche tempo dopo, cominciai a lavorare nel sociale e da allora non ho più smesso. Nel corso degli anni, ho sempre lavorato con donne che non hanno avuto la fortuna di vivere e crescere in un ambiente protetto e amorevole come il mio. Donne che hanno subito violenze, sfruttamento e ingiustizie. Donne che hanno visto e subito l’orrore. Donne che nessuno rispetta. Donne che nessuno vuole, perché straniere, perché povere…

Ancora oggi ripenso a quella conversazione con Don Emilio, sul grande prato di Wald. E ai doni che da allora ho ricevuto. Perché ogni giorno per più di vent’anni, le donne che si sono rivolte all’associazione per cui lavoro, mi hanno mostrato che cosa sia il coraggio, la resilienza, l’amore materno, la tenacia, la pazienza, la forza e la fragilità. Ma soprattutto, mi hanno mostrato che cosa sia avere fede in Dio.

Conversando con don Emilio

 

In un torrido pomeriggio del luglio 1976 – Enrico Greco

In un torrido pomeriggio del luglio 1976, don Piero Ponzo mi convocò nel suo ufficio di Delegato Exallievi e Cooperatori dell’Ispettoria Centrale a Valdocco e mi annunciò con solennità: “L’Ispettore, don Felice Rizzini, mi ha nominato direttore dell’Istituto Rebaudengo. Da settembre ci sarà un nuovo delegato e voglio fartelo vedere”. Mi accompagnò alla finestra che dava su via Maria Ausiliatrice e mi mostrò il palazzo di fronte, quello che ancora oggi ha l’ingresso principale sulla piazza e ospita la parrocchia. Allora al primo piano c’era il Centro di Pastorale Giovanile ispettoriale e da una finestra si vedeva un uomo bruno di profilo che scriveva a macchina. Don Piero scandì: “Ecco don Emilio Zeni!”.
Don Emilio aveva 45 anni, era nato infatti il 1° luglio 1931 a Grumo di San Michele all’Adige, in provincia di Trento. Era l’ottavo e ultimo figlio di Anselmo Zeni e Maria Maddalena Moser. Nel 1946, appena quindicenne, aveva fatto la sua prima professione religiosa, poi frequentò il liceo classico a Foglizzo e svolse il suo tirocinio a Penango dal 1947 al ’50. Si laureò in Teologia a Bollengo e nel 1957 celebrò la sua prima messa. Poi fu insegnante di Lettere a Bagnolo, a Ulzio e al Rebaudengo. Passò poi alla Pastorale Giovanile, come responsabile del settore preadolescenziale e curava la rivista Mondo Erre, fino appunto a quel luglio del ’76.
Ad agosto di quello stesso anno, don Ponzo lo invitò a Gressoney per conoscere gli exallievi di Penango e assumerne la guida spirituale. Gli anni da delegato ispettoriale sono stati molto proficui: ha incontrato migliaia di persone, soprattutto giovani, organizzato manifestazioni, pellegrinaggi, campi scuola. Ma il suo fiore all’occhielllo rimane la Casetta natia di San Domenico Savio, che da oltre 30 anni accoglie giovani e famiglie per giornate di spiritualità.
Nel 1994 lasciò l’incarico di Delegato Exallievi e Cooperatori per assumere la carica di Rettore del Tempio del Colle Don Bosco dove si trova tuttora.
Da quel quasi incontro del 1976 sono passati altri 45 anni e don Emilio veleggia sereno e in buona salute verso i 90 anni!
Il Signore lo ha formato fin da bambino in una famiglia magari non agiata economicamente ma ricca di valori cristiani. In mezzo ai genitori e ai molti fratelli e sorelle, Dio gli ha fatto incontrare Don Bosco e scoprire la sua vocazione sacerdotale. Egli ha rinunciato a costruirsi una famiglia propria, ma gliene ha donata una più grande e numerosa, con la sua comunità salesiana, e, lo diciamo con un po’; di presunzione, con tutti noi.
Per noi è stato un amico, un fratello maggiore, un padre.
Ci ha accompagnati nella giovinezza, nel matrimonio, nell’educazione dei nostri figli…
Di tutto questo e dei tanti ricordi belli che ognuno di noi serba nel suo cuore, vogliamo oggi ringraziare Dio.
E, insieme al ringraziamento, oggi vogliamo anche affidare Don Emilio al Signore, al Dio infinitamente buono, che saprà ricompensarlo per il tanto amore che ha dispensato durante la sua vita, conservandolo, per i prossimi tanti anni, nella salute del corpo e degli occhi, preservando il suo cuore buono, mantenendolo sempre vivace nella mente, assicurandogli sempre il carattere dolce e accompagnando la sua anima bella.

 

Le catacombe di Vigna Chiaraviglio, don Pasquale Iacobone

Mons. Pasquale Iacobone, Segretario Pontificia Commissione Archeologia Sacra, è ospite della puntata di Bel tempo si spera del 10 giugno 2021

Perché io sono altrove – don Emilio Zeni

“Signore, se tu sei dappertutto perché io sono altrove?” se lo chiedeva Madaleine Delbrel 81904 – 1964 nel massimo della sua crisi spirituale. Atea, lucida e determinata, appena diciassettenne scrive nella sua indagine su Dio che ogni religione è un assurdo; tutto quanto è relativo nella vita. Anche l’amore per il quale non vale la pena impegnarsi.

Ma 18 anni si innamora di Jean, un ragazzo splendido. Un amore vero e sublime. Un giorno Jean decide di lasciarla per entrare in un convento di Domenicani. Per Madaleine furono giornate buie, tormentate dal pensiero di questo Dio che le aveva rubato Jean.

“Se Jean mi ha lasciata per appartenere a Dio chi è mai questo Dio?”

Provò a pregare. Rimase “abbagliata” da quel Dio che aveva dichiarato “morto” per sempre. Dio era lì, da tanto tempo; il suo cuore, quello si, era “altrove”. Non entrò in convento, la strada sarà il suo monastero, tra i più poveri e soli.

Può accadere a tutti di attraversare tempi di dubbi, eventi oscuri che gettano ombre sulle nostre sicurezze religiose. E la tentazione dell’abbandono può sfociare, quanto meno, in un vago senso di Dio, che non parla la vita nel veloce susseguirsi dei giorni. Ci sono talvolta confusi ricordi del catechismo della fanciullezza, ma l’esistenza, sovente, si discosta: altro e lui, altra e la vita. È dappertutto Dio, ma così lontano…

Eppure il canone sacro dei salmi afferma:

“Come andare lontano da te? Se salgo in cielo, Tu sei là; se prendo il volo verso l’aurora e mi poso all’estremità del mare: anche la mi afferra la tua mano.

Dico alle tenebre: “Fatemi sparire”, alla luce intorno a me: “Diventa notte!” ma nemmeno le tenebre per te sono oscure e la notte è chiara come il giorno… sei Tu che mi hai plasmato il cuore e mi hai tessuto nel grembo di mia madre…” (Salmo 138).

Noi siamo altrove fin quando il cuore non lo scoprirà come amore che crea, sostiene, guida, insegna, perdona, abbraccia e apre a quella speranza che va oltre l’affanno delle nostre giornate.

Sant’Agostino trentenne brillante, ricco, socialmente affermato, incontra Dio solo sulle strade del suo amore. Scrive: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e sempre nuova, tardi ti ho amato. Sì perché tu eri dentro di me e io ne ero fuori…” (Conf. X,27 ss).

Dio è dappertutto: basta lasciarsi guidare dallo stupore per scorgerlo nel mistero dell’alba, nell’incanto di un tramonto, nel fiore che sboccia, nel frutto che matura, negli occhi di un bambino, nella dolcezza di una mamma in attesa, nelle rughe di un anziano, nella pioggia che nutre e disseta, nella foresta che cresce, nell’uomo che si commuove, nel respiro del morente, nelle nascoste pieghe dei nostri sogni.

Quel Dio lontano, è così vicino da lasciarsi consumare nel mistero eucaristico, che si svela pienamente al cuore che accetta di essere amato da lui. “Ci hai fatti per te Signore, esclama ancora Agostino, e il nostro cuore non ha pace fin quando non riposa in Te” (Conf. l,1).

Storie di resilienza – Silvia Falcione

Simone è il maggiore di 8 fratelli, la mamma è maestra e in questi lunghi periodi di didattica a distanza ha sempre seguito le lezioni sul suo cellulare per lasciare a mamma e fratelli più piccoli i dispositivi più comodi. Spesso segue le lezioni facendo da baby sitter al fratellino più piccolo che ancora non cammina. Si vede dal video, allora gli dico, bravo fratello spegni. Una volta si è intravisto mentre dava la pappa al bimbo sul seggiolone, per un secondo.  Ma Simone ha bei voti, non ha mai perso una lezione, non ha mai smesso di studiare, mai. Crescerà bene quel bambino con il suo fratellone e la dad.
Ilaria c’era e non c’era. Poca connessione, sembrava. Qualche volta un letto disfatto alle sue spalle, un letto sanitario, quello della nonna anziana? Ilaria a volte era in ritardo con la consegna dei compiti. Mi scusi prof mi scusi. A Ilaria non mancava mai il sorriso, mancava la connessione, non i voti dignitosi. Un mese fa è morto il papà di Ilaria. Era malato di cancro da tre anni. Non lo abbiamo mai saputo. I quattro figli lo curavano dolcemente, hanno letto messaggi alle sue esequie. Era un papà buono di figli coraggiosi. Dopo tre giorni Ilaria è tornata a scuola, nella settimana di presenza. Ilaria sei qui, di già? I miei messaggi su wapp si sciolgono in un abbraccio, alla faccia del virus. Si prof ho pensato che era meglio. Ilaria la connessione non l’aveva mai perduta.

Francesca si è svegliata una mattina e non ci vedeva più. Francesca aveva paura ma non ci poteva credere. Come faccio a seguire le lezioni in video? Dentro e fuori dall’ospedale la vista poco per volta è tornata, ma non ti devi affaticare. Ascolta e non guardare. Guarda solo matematica che la prof usa la lim. Metti le cuffie e spegni il video. I compiti non li fare, almeno per ora, ma no prof li detto a mia mamma.  Francesca ha perso poche lezioni, quelle delle visite in ospedale.  Ora ci vede di nuovo, bene come prima. Siamo tornati a scuola, lei è sempre presente.  Leggo io prof? Francesca è resiliente, non molla mai, sa che ce la può fare.

La resilienza è pensiero positivo, questo è il vero contagio che ci portano a scuola i nostri studenti.  

“La felicità” – Federica Marenco

“La vita è felicità, meritala”. Cosi diceva Madre Teresa. Federica Marenco

Ogni essere umano insegue la felicità, tanto che il concetto di felicità attraversa tutto il pensiero filosofico occidentale dai greci e romani fino ai giorni nostri. Anche gli economisti parlano della felicità assimilandola al benessere personale e collettivo. A livello politico gli Stati Uniti d’America hanno incluso la felicità nella dichiarazione d’indipendenza americana e più recentemente, l’Assemblea Generale dell’ONU ha istituito la giornata internazionale della felicità, che viene celebrata il 20 marzo.

Ma se, nel corso della propria esistenza, ogni essere umano cerca di essere felice, l’interpretazione della felicità è totalmente soggettiva e ogni singola persona ha la propria definizione di felicità. E poi Gesù è venuto a scuotere l’interpretazione della felicità, con le “Beatitudini”. Testo meraviglioso e complesso da comprendere, che non sta a me commentare.

Riflettendo sul concetto di felicità e su quanto ha affermato Madre Teresa, mi è venuto da pensare che la felicità, come la vita, è un dono semplice e prezioso, da proteggere, da custodire.

La felicità è il sorriso di un figlio, è l’abbraccio di una persona cara.

La felicità è scoprire che nonostante tutto, la vita vince su malattie e paure.

La felicità è osservare e prendersi cura della natura in tutta la sua meravigliosa e vulnerabile bellezza.

La felicità è fare attenzione a chi ci sta accanto, perché a volte basta una parola, uno sguardo, una piccola attenzione per rendere felice ed essere felici a nostra volta. Perché la felicità è contagiosa.

La felicità è aprire il nostro cuore e la nostra vita agli altri, alla famiglia, agli amici, ma anche a chi non conosciamo, a chi è diverso da noi, per scoprire che alla fine, siamo tutti uguali e condividiamo tutti la stessa voglia di vivere e di essere felici.

La felicità è anche ritornare a Gressoney, camminare nel grande prato e ritrovare gli amici di sempre e quelli nuovi. E allora forse la felicità è anche e soprattutto un dono da condividere. Perché camminare nel prato di Gressoney se siamo da soli non ha lo stesso valore di quando camminiamo insieme.